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184 | p u r g a t o r i o viii. | [v. 97-108] |
distanzia fusseno in una parte quattro stelle, e ne l’opposita fosseno le tre; quando le quattro fosseno venute su, le tre serebbeno calate giù, e così e converso. Ma lo nostro autore fìnge questo per mostrare allegoricamente quello che ditto è de le virtù cardinali, che prima funno note alli omini che le teologiche; e però finge quelle apparite la mattina e queste la sera, perchè la mattina è innanti che la sera. Com’ei; cioè Virgilio, parlava; a me Dante le parole ditte di sopra, Sordello a sè ’l trasse; cioè Virgilio, Dicendo; cioè a lui: Vedi là ’l nostro avversaro 1; cioè lo serpente ditto di sopra, che significa lo dimonio che assalisce li omini che sono nel mondo in stato di penitenzia, che di quelli del purgatorio non si dè intendere, che sono finite le loro tentazioni; e però l’autore finge secondo la lettera quello, che vuole che s’intenda secondo l’allegoria. E drizzò il dito; siccome fa chi dimostra, perchè in là; cioè in verso quella parte dove dimostrava, guatasse; Virgilio. Che l’autore finga che Sordello dica a Virgilio che li angiuli venisseno da Cristo, per scacciare lo serpente, et ora li dimostri l’avvenimento del serpente non credo che sia sensa cagione; anco penso che Sordello abbia posto nel suo Tesoro questa sentenzia, e però finge l’autore ch’elli sia lo manifestatore e dimostratore.
C. VIII — v. 97-108. In questi quattro ternari lo nostro autore finge l’apparimento del serpente, e la difensione delli angiuli che stavano a le poste, dicendo così: Da quella parte, onde non à riparo La picciola valletta; finge che la valle ditta di sopra fosse piccula et aperta da la parte di sotto, come sono le valli, era una biscia; cioè uno serpente, Forse qual diede ad Eva il cibo amaro; dice dubitativamente che era quello che ingannò Eva, la nostra prima madre, che li fece mangiare lo pomo; e quale si dè intendere posto o per sustanzia, o per qualità: imperò che facendo similitudine non arebbe posto l’avverbio dubitativo, se non in uno di questi due modi. E de l’effige serpentina intende, non del dimonio: imperò che quello fu lo Lucifero, lo quale fu legato ne la passione di Cristo sì, che di quello l’autore non intese; ma delli altri dimoni che si diceno pilliare la forma del serpente, perchè vegnano sempre a tentare con fraude. Tra l’erba e i fior; che erano nel prato descritto di sopra, venia la mala striscia; cioè quel serpente che andava strisciando 2, quando si strissinava su per l’erbe, Volgendo ad or ad or la testa al dosso, Leccando; cioè lo dosso suo, come bestia che si