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cento Tedeschi scielti da lo imperadore di tutta la sua gente, e combattenno con loro e vinseno li tre Italiani li cento Tedeschi co le mazze ferrate: imperò che come s’accostava lo Tedesco, lo feriano co la mazza in sul capo et ad ogni colpo n’uccideano uno; e volendo sapere lo imperadore chi erano stati li compagni, nol potette sapere se non per nuovo modo, che mandò una bella spada a messer Ubaldo per dono, siccome al più valente omo del mondo; et elli noll’accettò, anco disse che la mandasse al marchese. E mandata al marchese, similmente la rifiutò e disse che la mandasse a quello delli Ubaldini, o a messere Ubaldo che n’era più degno di lui; e mandata a quello delli Ubaldini, anco la rifiutò e rimandolla a messere Ubaldo et a lui rimase; e così seppe lo imperadore chi erano stati tutti e tre, et ebbeli molto cari et onorolli molto. Questo Giudici Nino ebbe per donna madonna Beatrice marchesotta da Esti, et ebbe di lei una filliuola che ebbe nome madonna Gioanna, e fu donna di messere Riccardo 1 da Camino di Trivigi; e morto Giudici Nino, la ditta sua donna Beatrice si rimaritò a messer Azo de’ Visconti da Melano. E per questa donna ebbeno li Visconti da Melano le case de le taverne 2 di Pisa et altre possessioni che sono in quello 3 di Pisa, che funno di Giudici Nino: imperò che madonna Gioanna moritte inanti a madonna Beatrice sua madre sensa fìlliuoli; unde l’eredità sua venne ala madre la quale ebbe filliuoli di messere Azo di Melano, e così cadde l’eredità ai Visconti di Melano. Poi dimandò; cioè Giudici Nino a me Dante: Quant’è, che tu; cioè Dante, venisti A piè del monte; del purgatorio, s’intende, per le lontane acque; cioè per lo mare oceano, come finse di sopra l’autore al principio di questa cantica, che l’angiulo portasse l’anime al purgatorio in su la nave? E per questo si mostra ch’elli credesse che Dante fusse morto. Io dissi; cioè Dante, a lui; cioè a Giudici Nino: Per entro i luoghi tristi; cioè per lo inferno, Venni stamane; cioè stamane uscitti de lo inferno in questo emisperio, intratovi de l’altro, come ditto è di sopra; e così si nota che già l’autore finge che sia stato un di’ in purgatorio, e sono in prima vita; cioè io Dante sono ancor vivo, Ancor che l’altra; cioè ben che l’altra vita; cioè l’eterna, sì andando acquisti. E per questo dimostra l’autore che per la composizione di questa comedia elli si sforzava d’acquistare vita eterna, pilliando abominazione dei peccati e penitenzia dei commessi, e dirizzandosi all’opere virtuose.

C. VIII — v. 61-84. In questi otto ternari lo nostro autore finge

  1. C. M. messere Rizzardo
  2. C. M. delle taverne, o vero beccarie di Pisa
  3. Pongasi mente a questa maniera ellittica, non infrequente nei Classici nostrali: in quello di Pisa; in quello contado o territorio. E.