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c a n t o    viii. 171

103Io nol viddi, e però dicer nol posso,
     Como mosser li astori celestiali;
     Ma viddi ben poi l’un e l’altro mosso.1
106Sentendo fender l’aire a le verdi ali,
     Fuggì il serpente, e li Angeli dier volta,2
     Suso a le poste rivolando eguali.
109L’ombra che s’era a Giudici raccolta,3
     Quando chiamò, per tutto quell’assalto
     Punto non fu da me guardare sciolta.4
112Se la lucerna che ti mena in alto,
     Trovi nel tuo arbitrio tanta cera,
     Quanta è mistiero infine al sommo smalto,
115Cominciò elli: se novella vera
     Di Valdimagra, o di parte vicina
     Sai, dillo a me, che già grande là era.
118Chiamato fui Currado Malaspina:
     Non son l’antico; ma di lui discesi:
     Ai miei portai l’amor che qui raffina.
121Oh! dissi lui, per li vostri paesi
     Giammai non fui; ma dove si dimora
     Per tutta Europa, che non sian palesi?
124La fama che la casa vostra onora,
     Grida i signori e grida la contrada,5
     Sì che ne sa chi non vi fu ancora.
127Et io vi giuro, se di sopra vada,
     Che vostra gente ornata non si fregia6
     Del pregio de la borsa e de la spada.

  1. v. 105. C. A. vid’io ben e l’uno e
  2. v. 107. Dier; diero, dierono, voci tutte create dalla terza persona singolare , congiuntovi il ro o rono, ed interpostovi l’i E.
  3. v. 109. C. A. al Giudice
  4. v. 111. C. A. guardar disciolta.
  5. v. 125. C. A. Gridi i signori e gridi
  6. v. 128. C. A. sì sfregia