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c a n t o    viii. 169

49Tempo era già che l’aire serenava;1
     Ma non sì, che tra li occhi suoi e’ miei
     Non dichiarasse ciò che pria serrava.2
52Ver me si fece, et io ver lui me fei:
     Giudici Nin gentil, quanto mi piacque,
     Quando te viddi non esser tra’ rei!
55Nullo bel salutar tra noi si tacque;3
     Poi dimandò: Quant’è, che tu venisti
     A piè del monte per le lontane acque?
58Io dissi a lui: Per entro i luoghi tristi
     Venni stamane, e sono in prima vita,
     Ancor che l’altra sì andando acquisti.
61E come fu la mia risposta udita,
     Sordello et elli indietro si ricolse,
     Come gente di subito smarrita.
64L’un a Virgilio, e l’altro ad un si volse,
     Che sedea lì, gridando: Su Currado,
     Vien a veder che Dio per grazia volse.
67Poi volto a me: Per quel singular grado,
     Che tu dèi a colui, che si nasconde
     Lo suo primo perchè, che non v’è guado,4
70Quando serai di là da le larghe onde,
     Dì a Giovanna mia, che per me chiami
     Là dove all’innocenti si risponde.
73Non credo che la sua madre più m’ami,
     Poscia che trasmutò le bianche bende,5
     Le quai convien che misera ancor brami.

  1. v. 49. C. A. n’annerava;
  2. v. 51. C. A. discernesse
  3. v. 55. Bel; bello, qui vale amorevole, affettuoso. E.
  4. v. 69. C. A. gli è guado,
  5. v. 74. Le bianche bende. Il bianco tra gl’ Italiani fu colore di lutto per insino al secolo xiv, e così eziandio presso i Chinesi. E.