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   [v. 70-84] c o m m e n t o 159

par sì membruto, ec.; ne la quinta finge l’autore che Sordello risponda ad uno dubbio, che si può muovere per lo ditto di sopra, quive: Rade volte risurge ec.; ne la sesta finge l’autore che Sordello dimostri loro lo re d’Inghilterra, chiamato Arrigo e il marchese Guillielmo di Monferrato: Vedete il re ec. Divisa la lezione, ora è da vedere l’esposizione litterale col testo et allegorie.

C. VII — v. 70-84. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che lo luogo, dove li menò Sordello, era molto dilettevile; e descrive la via per la quale v’andonno e lo luogo, dicendo così: Tra erto e pian; cioè in quel mezzo era la via nè ben ritta, nè ben piana, come convien che sia nei monti, o in parte ritta, et in parte piana; prima ritta e poi piana, e così è mellio, era un sentero; cioè una via piccula e stretta come sono le vie de’ monti: è sentero sincopato del semitiero, diminutivo de la semita, che è piccula via posta al lato a le fine dei campi; cioè secus metas, vel segregans metas — , ghembo; cioè torto come conviene che girino le vie dei monti, come girano li monti; ghembo è torto in su e curvo, e lembo è torto in giù e curvo in giù, Che noi; cioè Virgilio e Sordello e me Dante, condusse al fianco; cioè all’altessa, de la lacca; cioè de la valle, dove lo monte incomincia a chinare ne la valle, Là dove più che a mezzo muore il lembo; cioè in quel luogo nel quale, il lembo; cioè lo curvo in giù ch’era ne la valle, muore; cioè incomincia a venire meno in verso l’altessa de la1 via, più che a mezzo; cioè passata la metà de la sua concavità: lembo in questa parte significa piegatura in giuso; cioè concavità, unde si dice gualembo. E per questo dà ad intendere l’autore che elli montonno in suso e poi andonno per piano, infine al fianco de la valle; e per questo intende che la condizione de la quale àe a trattare è più alta che la passata: però che qui si tratta dei signori, e quive si trattò de li uomini privati. E poi ch’à descritto la via per la quale andonno e dove si fermonno, descrive lo luogo dicendo che era bellissimo alla vista siccome di vari preziosissimi colori, dicendo: Oro et argento fino; questi due metalli ànno due colori con splendori più preziosi che si trovino; cioè l’oro, lo giallo; e l’argento fino, lo bianco, cocco; è colore vermillio, e biacca; che è bianchissima cosa: archimiata2 è la biacca che si fa del fungo del piombo, appiccato sopra l’aceto, Indico; questo è uno colore azurro, legno lucido; questo è la quercia fracida che, quando è bagnata, riluce di notte come fanno molti vermi, e sereno; cioè come lo colore dell’aire chiaro e puro; cioè non macchiato, del legno s’intende quando è ben puro e chiaro, Fresco

  1. C. M. della valle, più
  2. Archimiata, alchimiata, per la mutazione delle due liquide r ed l. E.