100Ottachero ebbe nome, e ne le fasce
Fu mellio assai che Vinceslaio suo fillio
Barbuto, cui lussuria et ozio pasce.
103E quel Nasetto, che stretto a consillio1
Par con colui che à sì benigno aspetto,
Morì fuggendo e disfiorando il gillio:
106Guardatelo, com’ ei si batte il petto.
L’altro vedete che à fatto a la guancia
De la sua palma, sospirando, letto.
109Padre e socero fu del mal di Francia:2
Sanno la vita sua viziata e lorda,
E quinde viene il duol che sì li lancia.
112Quel che par sì membruto, e che s’accorda
Cantando con colui del maschio naso,
D’ ogni valor portò cinta la corda.
115E se re di po’ lui fusse rimaso
Lo giovinetto che dietro a lui sede,
Ben andava il valor di vaso in vaso;
118Che non si può dir sì dell’altre erede.
Iacopo e Federico ànno i reami;
Ma il retaggio millior nessun possede.
121Rade volte risurge per li rami
L’umana probità; e questo vuole
Quei che la dà, perchè da lui si brami.3
124Anco al Nasuto van le mie parole,
Non men che all’altro Pier, che con lui canta,
Unde Pullia e Provenza già si dole.
127Tanto è del seme suo minor la pianta,4
Quanto più che Beatrice e Margarita,
Gostanza di marito ancor si vanta.
- ↑ v. 103. C. A. Nasuto,
- ↑ v. 109. C. M. e C. A. socero son del mal
- ↑ v. 123. C. A. da lui si chiami.
- ↑ v. 127. C. A. miglior la pianta,