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c a n t o    vii. 147

73Oro et argento fino, cocco e biacca,
     Indico, legno lucido e sereno,
     Fresco smiraldo allora che si fiacca,
76Dall’erba e da li fior dentro a quel seno
     Posti, saria ciascun di color vinto,
     Come da suo maggior è vinto il meno.
79Non avea pur natura ivi dipinto;
     Ma di soavità di mille odori
     Vi facea un incognito indistinto.
82Salve, Regina, in sul verde e in su’ fiori
     Quindi seder, cantando anime vidi,1
     Che per la valle non parean di fori.2
85Prima che il poco Sole ornai s’annidi,
     Cominciò il Mantovan che ci avea volti,
     Fra color non volliate ch’io vi guidi.
88Da questo balzo mellio e li atti e’ volti
     Cognoscerete voi di tutti quanti,
     Che ne la lama giù tra essi accolti.
91Colui che più siede alto e fa sembianti
     D’aver negletto ciò che far dovea,
     E che non muove bocca alli altrui canti,
94Rodolfo imperador fu, che potea
     Sanar le piaghe ch’ànno Italia morta,
     Sì che tardi per altri si ricrea.
97L’altro, che nella vista lui conforta,
     Resse la terra dove l’acqua nasce,
     Che Molto in Albia, et Albia in mar ne porta:3

  1. v. 83. C. A. Cantando li sedere anime vidi,
  2. v. 84. C. A. per la valle parevan di fori.
  3. v. 99. C. A. Che monta in Albia — E così pure legge il Codice Estense. L’edizione di Vindelino à — Molta in Albia. E.