46Anime sono a destra qua remote:
Se mi consenti, io ti merrò ad esse,12
E non senza diletto ti fier note.3
49Com’è ciò? fu risposto: chi volesse
Salir di notte fora elli impedito
D’altrui? o non saria che non potesse?4
52E il buon Sordello in terra fregò il dito,
Dicendo: Vedi, sola questa riga
Non valcheresti di po’il Sol partito:
55Non però che altra cosa desse briga,
Che la notturna tenebra, ad ir suso:
Quella col non poter la vollia intriga.
58Ben si poria con lei tornar in giuso,
E passeggiar la costa intorno errando,
Mentre che l’orizonte il di’ tien chiuso.
61Allora il mio Signor, quasi ammirando,
Menane donque, disse, là ove dici
Che aver si può diletto dimorando.
64Poco allungati c’eravam di lici,
Quando m’accorsi che il monte era scemo
A guisa che i vallon si sceman quici.
67Colà, disse quell’ombra, n’anderemo,
Dove la costa face di sè grembo,
E là il nuovo giorno attenderemo.5
70Tra erto e pian era un sentero ghembo,6
Che noi condusse al fianco de la lacca,
Là dove più che a mezzo muore il lembo.
- ↑ v. 47. Merrò; menerò, dove la sincope chiaramente apparisce dal raddoppiamento dell’r, come altrove misurrebbe. E.
- ↑ v. 47. C. A. Se ’l mi consenti, menerotti
- ↑ v. 48. Fier; fiero, fieno, cambiato l’n in r, e tratto dal futuro latino fient. E.
- ↑ v. 51. C. M. non seria
- ↑ v. 69. C. A. E quivi il
- ↑ v. 70. C. A. sghembo,