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c a n t o    vii. 145

19Qual merito, o qual grazia mi ti mostra?
     S’io son d’udir le tuoe parole degno,
     Dimmi se vien d’Inferno, e di qual chiostra.
22Per tutti i cerchi del dolente regno,1
     Rispuose lui, son io di qua venuto:
     Virtù del Ciel mi mosse, e con lei vegno.
25Non per far; ma per non far ò perduto
     Di veder l’alto Sol che tu disiri,
     E che fu tardi da me cognosciuto.
28Luogo è laggiù non tristo di martiri;
     Ma di tenebre sole, ove i lamenti
     Non suonan come guai; ma son sospiri.
31Quivi sto io coi parvuli innocenti,
     Dai denti morsi de la morte, avante
     Che fusser dall’umana colpa esenti.
34Quivi sto io con quei che le tre sante
     Virtù non si vestir, e senza vizio
     Cognover l’altre, e seguir tutte quante.
37Ma se tu sai, o puoi, alcuno indizio
     Dà a noi, perchè venir possiam più tosto
     Là dove Purgatorio à dritto inizio.
40Rispuose: Loco certo non c’è posto:
     Licito m’è andar in suso e in torno:2
     Per quanto ir posso, a guida mi t’accosto.
43Ma vedi già come dichina il giorno,
     Et andar su di notte non si puote;
     Però è ben pensar d’un bel soggiorno.3

  1. v. 22. C. A. dello eterno regno,
  2. v. 41. C. A. n’è andar suso
  3. v. 45. C. A. è buon
   Purg. T. II. 10