[v. 127-151] |
c o m m e n t o |
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non esser guasti e straziati de la persona dai grandi de la città contra iustizia; e però seguita, e tardi: cioè malagevilmente, o non mai, scocca; cioè esce, come lo strallo, o vero il verettone del balestro a essa1 iustizia fuor de la bocca loro, Per non venir senza giustizia; cioè iniustamente; o ver senza consillio trovo in alcuno testo; cioè sensa matura deliberazione, all’arco; cioè a la sentenzia. L’arco si pone per la sentenzia: imperò che come l’arco saetta e percuote dove vuole l’arcatore; così la sentenzia, quando esce fuor de la bocca; o volliamo intendere de la sentenzia dove sono posti al populo manifesti li dannati, quando si leggeno le condannagioni; e così si stanno cheti, per non essere iniustamente condennati e guasti; o volliamo intendere che penano a publicarla co la lingua, per non sentenziar inconsideratamente o iniustamente: imperò che scritto è: Omnia subita probantur incauta, et summum ius summa iniuria — . Ma il popol tuo; cioè di te Fiorensa, l’à in sommo de la bocca; cioè ne le parole grida: Iustizia, iustizia; e dentro è iniusto quanto all’animo. E qui nota l’autore la garrulità del populo fiorentino, unde si può dire quel che dice la Santa Scrittura per la iustizia: Populus hic labiis me honorat; intrinsecus autem cor eorum longe est a me; sicchè riprende qui l’autore la vanità di tal populo, che tutto è in ostentazione e demostrazione; et in opere e fatti, pogo; e questo detto si dè intendere pure direttamente, e non per lo contrario. Molti rifiutan2; cioè populi d’altri cittadi3 rifiutano, lo comune incarco; cioè la comune gravezza, che non volliano che vegna tutta sopra di loro. Ma il popol tuo; cioè di te Fiorensa, sollicito risponde Senza chiamar; cioè sensa essere chiamato, e grida: Io mi sobbarco; cioè io faccio di me barca, o io mi piego a sopportarlo e sofferirlo. E qui nota la viltà di sì fatto populo offerente sè ad esser cagione, se niuno male si fa in comune per l’altre cittadi, non curandosi a portanne4 tutta la infamia, la gravessa e l’odio; e questo detto non s’intende per lo contrario. Or ti fa lieta; tu, Fiorenza; cioè per lo contrario, attristati, che tu ài bene onde; farti lieta, cioè attristarti. Tu ricca; cioè se’ Fiorensa, e dèsi intendere per lo contrario; cioè tu se’ povera, eccetto pochi cittadini fiorentini, che sono sensa
- ↑ Aiutati dal Cod. M. abbiamo racconciato da - esce - fino - a essa. E.
- ↑ Si è aggiunto col Magliab. da - Molti rifiutan - a - Ma il popol. E.
- ↑ Altri cittadi. Chi è un po’ dimestico degli antichi non si meraviglierà che dei nomi od articoli oggi terminati in e al plurale feminile cadessero in i come arpi, fini, leggieri ec. A ciò li ebbe indotti la uniformità della desinenza. E.
- ↑ Portanne; portarne, perchè talora si è costumato di troncare l’infinito del verbo, e quindi raddoppiare la consonante dell’affisso o particella pronominale. Si à nella Tancia, Att. iv, scen. ix «S’un vuol del suo un capriccio cavassi»; cavarsi. E.