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140 | p u r g a t o r i o vi. | [v. 127-151] |
no1 che dicesse Cesari, fu uno grande parlatore quando elli dice: Marcellusque loquax, et nomina vana Catones, nel primo libro; e massimamente perchè parlava contra lui. E di lui dice Solino che 39 volte co le insegne ritte combattette, e Cesare 52 volte, e nelle battallie di Cesari undici volte 192 milliaia d’omini funno morti. E volendo Cesari assimilliare2 la sua virtù, perchè fu contro lui com Popeio3, dice che fu parlatore; e così dice l’autore che facevano li omini d’Italia di vile condizione, che tutti si faceano grandi parlando male de la contraria parte, et intrando in parte; e però dice: Ogni villan; cioè ogni uno di vile condizione, come sono quelli della villa, che parteggiando viene, cioè viene intrando in parte.
C. VI — v. 127-151. In questi otto ternari et uno versetto l’autore nostro, seguendo la sua invettiva, o vero esclamazione, dirissa lo suo parlare in verso la sua città, usando quello colore che si chiama da Tullio significazione, et al modo greco ironia; e bisogna questo colore4 quando si fa l’esclamazione in materia derisoria, come usa qui lo nostro autore, dicendo: Fiorenza mia: bene può dire mia; perch’elli era suo cittadino, ben puoi esser contenta; per lo contrario s’intendeno queste parole come richiede lo modo del parlare; cioè ben puoi essere mal contenta, Di questa disgression: come fu detto di sopra l’autore àe fatta lunga disgressione, partendosi da la materia e ponendo5 la sua invezione prima contra l’Italia, secondo contra lo imperadore Alberto, terzio contro Iddio; e però l’autore dice di questa disgressione, che non ti tocca; cioè te Fiorensa, e dèsi intendere per lo contrario; anco in ogni cosa ti tocca, Mercè del popol tuo; cioè questo è per merito del populo tuo, cioè di Fiorensa; e questo si dè intendere in diritto sentimento, cioè che questo merita lo populo tuo, che si argomenta; si dè intendere per lo contrario, cioè che non pillia argomento contra la tirannia dei grandi de la città come dovrebbe fare ogni virtuoso e vigoroso populo; e però questo si dè intendere per lo contrario. Molti àn giustizia in cuor. Qui pone l’autore una sentenzia molto notabile; cioè che molti col cuore diritto amano e desiderano la iustizia, e penano a publicarla co la lingua per non errare; o volliamo intendere che ànno la iustizia in cuore, e non la mostrano di fuori mai, o tardi co la lingua6, per
- ↑ C. M. Lucano, fu uno Romano e fu grande prince. Dice Selino che xxxviii volte con le insegne
- ↑ C. M. Cesare annullare la sua virtù,
- ↑ C. M. Pompeio,
- ↑ Colore sta per figura, ad imitazione di Cicerone che nel secondo dell’Oratore al cap. xiv così esprimesi: Sentio orationem meam illorum tactu quasi colorari. E.
- ↑ C. M. rendendo la sua invezione
- ↑ C. M. mai, cittadini con la lingua,