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p u r g a t o r i o vi. |
[v. 34-48] |
faccia compiere in uno punto, Ciò che dè sodisfar chi qui si stalla; cioè chi è iudicato al purgatorio. Altramente si può intendere lo detto dell’autore più sottilmente che quel che è detto1 alli omini comuni; cioè de la iustizia di Dio che vede ogni cosa ab eterno, vede che per alcuno dè esser pregato con sì fatto fervore di carità che quel fervore è sofficente ad annullare, mediante la grazia di Dio, la pena di colui che è a purgare del suo peccato posto in purgatorio o in tutto o in parte; e per tanto costituisce colui a starvi per quanto resta a sodisfare: imperò che per l’avanzo è sodisfatto per lo fervore de la carità: imperò che la Santa Scrittura dice: Caritas operit multitudinem peccatorum, e secondo questo intelletto si dè ordinare lo testo. Chè cima; cioè imperò che l’altessa, di giudicio; del Giudicio Divino, non s’avvalla; cioè non s’abbassa, nè torce da la sua dirittura, Perchè foco d’amor; cioè fervore di carità, compia in un punto: imperò che in uno atamo lo può avere colui che prega per colui che si purga, Ciò che dè sodisfar chi qui si stalla; cioè colui che è ordinato a star qui in purgatorio per la Divina Giustizia. E questo è per li meriti precedenti che ànno meritato che li valliano li preghi che si faranno di po’ la morte, secondo lo Maestro2 e così si dè intendere lo testo parlando dei passati di questa vita; ma parlando di quelli del mondo è chiaro lo testo: imperò che l’omo che è in stato di penitenzia può pregare Dio con tanto eccessivo ardore e desiderio di carità per la remissione dei suoi peccati, che sodisfa in uno punto quello che dovesse sodisfare in molti anni. E questo è per l’eccessivo grado de l’amore, e perchè chi guarda lo detto di Virgilio, per cui elli lo dice, vede che espressamente viene contra questa determinazione: imperò che Virgilio finge che Sibilla lo dica a Palinuro che dovea stare cento anni, innanti che potesse passare Acheronte, et elli pregava Enea che pregasse per lui che questo si finisse allora; però aggiunge la dichiaragione di questo, dicendo che Sibilla disse questo a Palinuro che era dannato a lo inferno; e per li dannati non ànno efficacia li preghi, sicchè precisamente vera è la sentenzia di Virgilio: imperò che Dio in verso di loro non accetta prego, nè non s’abbrevia tempo; e però dice: E la dov’io fermai cotesto punto; cioè come sentenzia vera puosi sensa niuna determinazione; pure generalmente dice Virgilio a Dante: Non s’ammendava, per pregar, difetto; cioè che non vale lo prego per li dannati; ma ritorna a colui che ’l fa, s’elli è ne la grazia di Dio, l’effetto del prego: imperò che niuno bene è irremunerato. Et intendendo di quelli del mondo che sono in peccato
- ↑ C. M. è ditto, benchè paia assai ragionevile a li omini
- ↑ C. M. lo Maestro delle sentenzie, e così