Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
126 | p u r g a t o r i o vi. | [v. 25-33] |
delli Alberti di Fiorenza e fu ucciso da’ suoi consorti, e l’anima divisa Dal corpo suo; cioè e vidd’io Dante ancora l’anima che fu divisa dal suo corpo; e questo dice: però che fu, secondo che alcuni diceno, dicapitato; e secondo alquanti appiccato, sicchè ben fu l’anima divisa dal corpo, per astio e per inveggia; cioè per invidia, Com’ei; cioè come elli stesso, dicea; a me Dante, non per colpa commisa; cioè non perch’elli avesse commesso colpa, Pier da la Broccia dico; cioè io Dante: ecco che dichiara che era costui del quale àe parlato; cioè Piero da la Broccia. Questi fu uno cavallieri di Francia lo quale fu accusato, secondo che finge Dante ch’elli dicesse, per astio e per invidia; ma non perchè vero fusse ch’elli avea adulterato co la reina di Francia; unde lo re lo fece dicapitare et accusollo la duchessa di Brabante; e però seguita: e qui proveggia; cioè et a questo provegga, parla Dante, la donna di Brabante; cioè la duchessa di Brabante: Brabante è uno ducato che confina con l’Inghilterra; la quale donna accusò lo detto cavalieri falsamente; e però l’autore l’ammonisce ch’ella si provegga, Mentre è di qua; cioè mentre che è nel mondo, Sì che però; cioè per questo peccato commesso, non pentendose1 mentre che è nel mondo, non sia di peggior greggia; cioè di piggior brigata che quella del purgatorio; cioè non sia di quelli de lo inferno. E per questo dà ad intendere l’autore che, mentre che l’omo è nel mondo si può pentire et avere remissione del peccato commesso quanto a la colpa, e potrebbene fare tanta penitenzia in questa vita che anco li sarebbe perdonato la pena; ma passando, sensa pentimento e contrizione, di questa vita è dannato a lo inferno in perpetuo: imperò che di po’ la vita non è luogo di remissione.
C. VI — v. 25-33. In questi tre ternari lo nostro autore finge come elli, mosso da le cose ditte dinansi, mosse uno dubbio a Virgilio sopra alcuno suo detto, del quale susseguentemente porrà la dichiaragione, dicendo così: Come libero fui; cioè io Dante, da tutte quante Quell’ombre; de le quali detto è di sopra, che pregar pur ch’altri preghi; cioè per loro nel mondo. acciò che s’avacci la loro purgazione; e però dice: Sì che s’avacci lor divenir sante: non diviene mai l’anima santa, infine a tanto che non è purgata dal peccato per la penitenzia, Io; cioè Dante, cominciai; a dire a Virgilio: Ei par che tu; cioè Virgilio, mi neghi; cioè a me Dante et ad ogni uno che legge l’Eneida tua; cioè nel vi libro, O Luce mia; chiama Virgilio sua luce, perchè significa la ragione che è luce de l’omo, espresso; cioè manifestamente, in alcun testo; cioè del libro preallegato, Che de-
- ↑ Pentendose; dove il reciproco sè vedesi non alterato, il che usavano talora gli antichi eziandio coi nomi me e te, quando gli aggiugnevano al verbo. E.