79Quell’anima gentil fu così presta,
Sol per lo dolce suon de la sua terra,
Di far al cittadin suo quivi festa:
82Ora in te non stanno senza guerra1
Li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
Di quei che un muro et una fossa serra.
85Cerca, misera, intorno da le prode
Le tuoe marine, e poi ti guarda in seno,
Se alcuna parte in te di pace gode.
88Che vai, perchè ti rassettasse il freno2
Giustiniano, se la sella è vota?
Senz’esso fora la vergogna meno.
91Ahi gente, che dovresti esser devota,
E lassar seder Cesari in la sella,3
Se bene intendi ciò che Dio ti nota!
94Guarda com’esta fera è fatta fella,
Per non esser corretta da li sproni,
Poi che ponesti mano a la predella,
97O Alberto Tedesco, che abbandoni
Costei ch’è fatta indomita e selvaggia,
E dovresti inforcar li suoi arcioni.
100Giusto giudicio da le stelle caggia
Sovra il tuo sangue, e sia nuovo et aperto,
Sì che il tuo successor temenzia n’aggia:4
103Chè avete tu e il tuo padre sofferto,5
Per cupidezza di costà distretti,6
Che il giardin dello imperio sia diserto.
- ↑ v. 82. C. A. Ed ora
- ↑ v. 88. C. A. raccioncasse
- ↑ v. 92. Cesari. I nostri antichi davano anche ai nomi propri una diversa desinenza, come Cesare, Cesari; Fiesole, Fiesoli; Rimino, Rimini ec. E.
- ↑ v. 102. Aggia; oggi l’uso preferisce abbia, quantunque al poeta non si disdica neppure la prima, nata da aiere mutato in due gg l’i. E.
- ↑ v. 103. C. A. e il tuo sangue
- ↑ v. 104. C. M. Per cupidigia di costei distretti