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passata infine la spera del fuoco; et incomincia quine nel ix canto che incomincia: La concubina di Titone antico ec. Là ne venimmo e lo scallion primaio ec. Ne la terza et ultima tratta del suo salimento nel paradiso delitiarum, e de le cose che quine finge essere, et incominciasi nel xxvii canto che incomincia: Sì come quando i primi raggi vibra ec., quive: E già per li splendori ec.; e ciascuna di queste àe suoe parti, le quali toccherò quando verrò ad essi; ma secondo lo tratto dividesi tutta questa cantica in xxxiii canti, come appare nel testo. — E questo primo, secondo lo modo usato, si divide in due lezioni: imperò che ne la prima lezione lo nostro autore propone la sua materia, invoca et incomincia a narrare de la piaggia de la detta isula, e come vi trovò per guardia Catone romano; ne la seconda pone li ragionamenti che finge ch’avesse Virgilio con Catone, e l’osservazione che li conviene fare, quive: Ma da ch’è tuo voler ec. La prima, che è la prima lezione, si divide in vii parti: imperciò che prima l’autore propone, facendo lo suo esordio nel primo del canto; nella seconda invoca l’aiuto delle muse, quive: Ma qui la morta poesi ec.; ne la terza incomincia a trattare della materia, descrivendo brevemente la qualità dell’altro emisperio nel quale venuto era, quive: Dolce color ec.; ne la quarta finge come vedesse una nuova costellazione in verso l’altro polo, quive: Io mi volsi a man destra ec.; ne la quinta finge che vedesse in quella piaggia, nella quale era pervenuto, Catone lo quale descrive, quive: Com’io dal loro sguardo ec.; ne la sesta finge come Catone li dimanda chi sono e riprendeli, quive: Chi siete voi ec.; ne la settima finge come Virgilio li risponde, quive: Lo Duca mio allor ec. Divisa adunqua la lezione, verrò all’esposizione litterale insieme col testo et allegorie, o vero moralitadi, lassando la sentenzia litterale, per tolliere fatica agli scrittori e tedio ai lettori: imperciò che, inteso lo testo, ogni uno se la può fabricare da sè.