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C A N T O VI.
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1Quando si parte il gioco de la zara,
Colui che perde si riman dolente,
Ripetendo le volte, e tristo impara.
4Coll’altro se ne va tutta la gente;
Qual va d’inanzi, e qual di rieto il prende,
E qual da lato li si reca a mente.
7El non s’arresta, e questo e quello intende:
A cui porge la man più non s’appressa;1
E così da la turba si difende.2
10Tale era io in quella turba spessa,
Volgendo a loro e qua e là la faccia,
E promettendo me sciogliea da essa.
13Quivi era l’Aretin, che da le braccia
Fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,
E l’altro che annegò correndo in caccia.3
16Quivi pregava co le mani sporte
Federico Novello, e quel da Pisa,
Che fe parer lo buon Marzucco forte.
19Vidi il conte Orso, e l’anima divisa
Dal corpo suo per astio e per inveggia,
Com’ei dicea, non per colpa commisa;