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112 | p u r g a t o r i o v. | [v. 85-93] |
spira; cioè si fiata; cioè anco sarei in vita. Corsi al padule; e non a monte, e le cannucce e il braco; cioè lo cieno 1 del padole e le cannelle, M’appigliar sì, ch’io caddi; cioè tanto m’impaccionno, ch’io caddi, e lì; cioè in quel padule, vidd’io; cioè messere Iacopo sopra detto, De le mie vene farsi in terra laco; cioè vidde spargere lo suo sangue.
C. V— v. 85-93. In questi tre ternari lo nostro autore finge come uno altro spirito ancora lo prega che preghi per lui, lo quale finge che fusse Bonconte di messere Guido da Monte Feltro; del quale messer Guido fu ditto nel xxvii canto de la prima cantica, dicendo così: Poi; cioè di po’ lo parlare de lo spirito di sopra, disse un altro: cioè spirito a me Dante: Deh se quel disio; cioè quello desiderio, Si compia; cioè abbia effetto, che ti tragge all’alto monte; cioè tira te Dante al monte del purgatorio, che allegoricamente significa lo stato de la penitenzia, lo quale è alto e faticoso a montare: ciascuno scongiura altri per quello, che crede che li sia più in desiderio, Con buona pietade aiuta il mio; desiderio, che è di montare a purgarmi e d’andare a vita eterna. Io fui di Montefeltro; ecco che si manifesta, e dice che fu dei conti da Montefeltro (questo Montefeltro è una contrada posta di là del Casentino, et è uno monte con città e castella, e quive è Sanleo) filliuolo del conte Guido et ebbe nome Bonconte e fu morto ne la sconfitta 2 che ebbeno li ghibellini dai guelfi in Campaldino, che è uno piano quasi in mezzo di Casentino dove è ora lo luogo dei Frati minori. Ferito quinde fu a l’ora ne la gola, unde fuggendo ferito fuora di Casentino si moritte, e mai non si trovò lo corpo suo; unde l’autore ne fa una bella finzione, cioè che caduto in terra in su la foce d’uno fiume che si chiama l’Archiano che è confine di Casentino e di Bibbiena, elli facesse croce de le braccia e dimandasse misericordia a Dio e chiamando la Virgine 3 Maria in suo aiuto si morisse, e che la piena e ’l diluvio di detto fiume che si chiama l’Archiano, che è ine le confine di Casentino, che finge l’autore che crescesse per operazione del dimonio, ne portasse lo corpo suo in Arno, e che l’Arno lo coprisse co la sua rena: imperò che ’l fiume; l’Archiano, entra in Arno; e questa finge che fusse la cagione che ’l corpo suo non si trovò mai, e però dice: io son Bonconte; ecco lo nome suo: Giovanna; questa fu la mollie, la quale non parve curarsi di po’ la morte sua de la sua salute, e li altri; cioè miei parenti, non àn di me cura: imperò che non pregano Dio per me, Perch’io vo tra costor; cioè tra queste altre anime che sono di