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[v. 58-66] | c o m m e n t o | 109 |
lacrimetta, come dice l’autore, sia salvo. A questo si può rispondere per esemplo che, come lo corpo infermo si riduce a sanità, stante sano lo quore; così l’anima inferma per lo peccato, si riduce a sanità stante la grazia di Dio nell’anima; cioè la preveniente che induce la disposizione; e venuta la disposizione, sopraviene la illuminante, cooperante e perficente; ma con modo ordinato che porti pena nel purgatorio del peccato commesso sì, che raffini nel fuoco infine che diventi pura l’anima alla lega che si spende in vita eterna.
C. V— v. 58-66. In questi due ternari lo nostro autore finge che rispondesse a la dimanda di quelli spiriti, dei quali fu detto di sopra, molto gratamente, dicendo: Et io; cioè Dante rispuose, s’intende, a coloro, Perchè; cioè benchè, ne’vostri visi guati; per ricognoscervi, Non ricognosco alcun; cioè di voi; ma se a voi piace; ecco che gratamente si proferisce, Cosa ch’io; cioè Dante, possa; cioè che a me sia possibile: questo vocabulo regula molto le proferte sì, che non è l’omo obligato più che elli vollia, dicendo poi secondo ’l mondo: Io non potetti più; ma, secondo Dio e l’onestà de la virtù, è l’omo tenuto quanto può, spiriti ben nati; ecco che dirissa lo suo sermone a loro, chiamandoli spiriti ben nati: bene è nato colui che è nel suo fine salvato, Voi dite; cioè spiriti nati bene, dimandate, et io; cioè Dante, farò; ciò che dimanderete, per quella pace; ecco che con iuramento afferma, Che; cioè la qual pace; cioè lo desiderio d’averla, dietro a’ piedi di sì fatta Guida; cioè di Virgilio, che significa la ragione, Di mondo in mondo; questo dice, perchè àe cercato lo inferno, cioè la viltà del peccato àe considerato e la pena a lui conveniente, per liberarsi da esso; et appresso cerca lo purgatorio, investigando come per la penitenzia l’anima diventi monda e netta, sicchè possa cercare lo paradiso; cioè entrare ne la operazione e meditazione de la virtù che fa l’anima felice, mentre che si sta in questa vita per grazia, e poi in vita eterna di po’ la vita penitente 1 per gloria, cercar mi si face. Tutti questi cammini, che l’autore finge avere fatto, sono fatti mentalmente per cognoscere e contemplare Dio, che è somma pace e quiete de le menti umane, mentre che qui si vive per grazia e poi per gloria, sicchè niente più desidera. E qui finisce la prima lezione del quinto canto.
Et uno incominciò: Ciascun si fida. Questa è la seconda lezione del v canto, ne la quale l’autore dimostra per sua fizione come venne in notizia d’alcuni di quelli spiriti; e dividesi questa lezione in parti cinque: imperò che prima finge che uno di quelli spiriti si manifesti a lui, narrando la sua morte; ne la seconda, come poi si manifesta loro col suo parlare, dicendo anco sua condizione e sua morte, e
- ↑ C. M. la vita presente per gloria,