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108 | p u r g a t o r i o v. | [v. 46-57] |
verso noi, Come schiera; ecco che fa l’altra similitudine, che scorre senza freno: quando le schiere scorreno, vanno sfrenate; unde Virgilio vedendo ciò ammonisce Dante, dicendo: Questa gente; di quelle anime parla, che preme; cioè che descende giuso, a noi; cioè a te et a me, dice Virgilio, è molta; come tu vedi, E vegnonti a pregar; cioè te Dante, disse il Poeta; cioè Virgilio, Però pur va; tu, Dante, et in andando ascolta; cioè non ti restare; ma andando ode 1 quello che diceno.
C. V— v. 46-57. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che quelle anime descendendo, venendo a loro veniano gridando, che li aspettasse e non montasse suso al balso, dicendo: O anima, che vai per esser lieta; cioè per purgarti e poi per andare a la somma beatitudine, dove l’omo è in eterno per contemprarla 2 e vederla, ansi che si torni al mondo lieto, Con quelle membra co le quai nascesti; questo diceno a Dante, perchè era vivo et era col corpo, Venian gridando; a Dante l’anime dette di sopra, un poco il passo queta; cioè riposa il passo un poco, non andare sì ratto. Guarda se alcun di noi unqua vedesti; cioè pon mente se mai vedesti alcuno di noi, mentre che fummo in vita, Sì che di lui di là; cioè nel mondo, novelle porti; cioè ai suoi di lui: Deh perchè vai? Questo dice, perchè osservava lo comandamento di Virgilio: imperò che tutta via andava, deh perchè non t’arresti; cioè perchè non ti reggi? E di ciò lo pregavano. Noi fummo tutti già per forza morti; ecco che manifesta la loro condizione, mostrando che erano stati impenitenti in fine a la fine de la vita, la quale era finita per morte accidentale, E peccatori infine a l’ultima ora; cioè peccatori fummo in fine a la fine: Quivi; cioè a l’ultima ora de la vita, lume del Ciel; cioè la grazia illuminante de lo Spirito Santo, ne fece accorti, cioè fece noi accorti, che ci avvedessemo del nostro errore, Sì che, pentendo; cioè del peccato che avavamo fatto nella vita, e perdonando; l’offese che a noi erano state fatte, fora Di vita uscimmo; cioè morimmo ne la ditta disposizione, a Dio pacificati: imperò che chi si pente de’ suoi peccati quando muore, e perdona al prossimo suo l’offese ricevute, muore ne la grazia di Dio, Che del disio; cioè del desiderio, di sè veder; cioè di vedere lui e la pace di Dio, ne accora; cioè ci conforta e muoveci a desiderare di vedere lui; cioè Iddio. Qui potrebbe essere uno dubbio; che non par iusto che quello omo ch’è stato in peccato tutta la vita sua, nè mai pentitosi, nè operato opre meritorie se non all’ultimo, per una
- ↑ Ode. Gli Antichi, per tenere una cadenza uniforme, terminarono in e anche le persone singolari dell’imperativo. Ciampolo degli Ugurgieri nel i libro del suo Volgarizzamento dell’Eneide scrisse «Scioglie da te la paura». E.
- ↑ Contemprarla; contemplarla per la solita mutazione delle due liquide l ed r. Guido Guinicelli cantò «La bella donna che li occhi sprende». E.