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[v. 22-30] | c o m m e n t o | 105 |
cima per soffiar de’ venti; ecco bella similitudine al proposito nostro; cioè che come la torre ferma non dimena la cima per li fiati de’ venti; così l’omo, che è in apparazione 1 di montare a stato di penitenzia, dè stare fermo nel suo proposito e non dè dimenare lo capo; cioè non dè mutare sua buona sentenzia per lo dire altrui. Et assegna la cagione: Chè sempre l’omo; cioè imperò che l’uomo, in cui pensier rampolla; cioè si leva, Sovra pensier; cioè che quando l’uno pensier viene sopra l’altro, da sè dilunga il segno; cioè dilunga il fine al quale dè con deliberazione intendere, e svalorisce 2 e non intende a quel che dè come ’l balestrier che, quando dilunga la posta, meno acconciamente dà nel segno. Perchè; ecco che assegna la cagione, continuando la similitudine, la foga l’un dell’altro; cioè perchè l’uno pensiero sopra veniente, insolla; cioè rende vano, la foga dell’altro; cioè lo sollicito esercizio del primo quello che v’è adiunto da lunghessa, come insolla la foga del balestro, quando è più di lungi la posta che non suole. Ora dice l’autore: Che poteva io; cioè Dante, dir; cioè rispondere a Virgilio, se non: Io vegno? E questo è notabile che, quando l’omo è ripreso ragionevilmente del suo fallo, dè essere umile a ricevere la riprensione; e per tanto dice l’autore che non potea, se non rispondere con obedienzia. Dissilo; io Dante: Io vegno, alquanto del color cosperso; cioè di vermillio rossore la faccia, Che fa l’om di perdon tal volta degno: veramente la vergogna fa l’omo meritare perdono del fallo. Chi si vergogna àe pentimento del fallo e ricognosce lo fallo suo; ma è da notare ch’elli dice tal volta, per salvare la sua sentenzia: imperò che non sempre lo rossore significa vergogna; alcuna volta significa ira, et allora non fa degno di perdono; et anco non sempre la vergogna fa l’omo degno di perdono, che sono certi peccati che richiedono altro che vergogna.
C. V— v. 22-30. In questi tre ternari lo nostro autore finge come venne su per la costa a la quale montavano; cioè all’altro balso terso nuova gente, dicendo: Intanto; cioè in quel mezzo che Virgilio sì mi riprendea, per la costa; cioè del monte a la quale montavano Virgilio et io Dante: dice, da traverso; cioè a denotare che andavano intorno, girando il monte, però dice da traverso; e dicesi da traverso a loro che montavano suso, e così si dè intendere, che altramente arebbe ditto incontra a noi, Venien gente d’inanzi a noi un poco; questo inanzi s’intende quanto a tempo: imperò che giunseno inansi, al luogo ritto ’l quale montavano, che giungesseno quive Virgilio e Dante, Cantando Miserere a verso a verso: come cantano li chierici in coro; così finge che costoro cantassero: Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam, che è