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104 | p u r g a t o r i o v. | [v. 1-21] |
in verso me, come fa chi mostra col dito, Una; di quelle anime, gridò; verso l’altro: Ve’; cioè vedi, che non par che luca; cioè risplenda, Lo raggio; cioè del sole, da sinistra; cioè che fiere da la mano sinistra, a quel di sotto; cioè a Dante che andava di rieto a Virgilio, e Virgilio montava, sicchè Dante venia di sotto; ma dèsi intendere che la montata fusse in andata in verso mano ritta: altramente l’ombra di Dante arebbe ombrato d’inansi, e non da lato. E come vivo par che si conduca: però che ’l corpo di Dante faceva ombra; ma lo corpo di Virgilio che era aereo non facea ombra,et in ciò apparea 1 che era morto. Li occhi rivolsi; cioè io Dante, al suon di questo motto; cioè quando uditti sì parlare, per vedere chi era et a cui dicea, E viddili guardar per meravillia Pur me, pur me: imperò che di me si meravilliavano, e lume; cioè del sole, ch’era rotto; per l’ombra che facea il mio corpo. In questa parte, perchè l’autore fa speciale menzione dell’ombra che rendeva lo suo corpo, e de l’ammiramento che si faceano di ciò quelle anime, debbiamo sapere che, ben 2 questa sia verisimile finzione secondo la lettera; niente di meno elli ebbe altra intenzione, come apparrà per allegorico intelletto: imperò ch’elli intese per sè di quelli che sono nel mondo in stato di penitenzia, li quali lo sole; cioè la Grazia Divina e la carità di Dio riscalda dal lato sinistro, dov’è propiamente lo cuore che fa ombra al destro; cioè all’esercizio delle cose mondane, sicchè lo fa apparire nulla, come l’ombra che dimostra quel che non è; di che si meravilliano li mondani e tal le commendano. Unde elli commendato, benchè vada di rieto a la ragione, pur s’arresta a tale commendazione: però che si dice: Nulla est tanta humilitas, quae dulcedine gloriae non tangatur, unde elli si pone a cura d’essere posto niente, et impedisce perciò lo suo processo; unde la ragione lo riprende come finge l’autore che Virgilio riprendesse lui.
C. V— v. 10-21. In questi quattro ternari finge lo nostro autore come Virgilio lo riprende de l’attendere, ch’avea fatto a quello che di lui si dicea, dicendo così: Perchè l’animo tuo tanto s’impillia; cioè ad attendere quello ch’altri dice di te, Disse il Maestro; cioè Virgilio a me Dante, che l’andar allenti; cioè suso al purgatorio? E per questo intende l’allentare che l’omo fa d’andare per li gradi de l’apparazione de la penitenzia in alto, attendendo a le vanaglorie. Che ti fa ciò che quivi si pispillia; cioè quello che coloro diceno tra loro? Vien dietro a me; tu, Dante, seguita me Virgilio; cioè la sensualità seguiti la ragione, e lassa dir le genti; cioè lassa dire chi vuole dire, non te ne curare: Sta come torre ferma, che non crolla Giammai la