76Là dove più siguro esser credea:
Quel da Esti il fe far, che m’avea in ira1
Assai più là che il dritto non volea.2
79Ma s’io fusse fuggito inver la Mira,
Quando fu’ sopraggiunto a Doriàco,3
Ancor serei di là dove si spira.
82Corsi al padule, e le cannucce e il braco
M’appigliar sì, ch’io caddi, e lì vidd’io4
De le mie vene farsi in terra laco.
85Poi disse un altro: Deh se quel disio
Si compia che ti tragge all’alto monte,
Con buona pietade aiuta il mio.
88lo fui di Montefeltro, io son Bonconte:
Giovanna, e li altri non àn di me cura;5
Perch’io vo tra costor con bassa fronte.
91Et io a lui: Qual forza, o qual ventura
Ti traviò sì fuor di Campaldino,
Che non si seppe mai tua sepultura?
94Oh, rispuose elli, a piè del Casentino
Traversa un’acqua che à nome l’Archiano,
Che sovra l’Ermo nasce in Apennino.
97Dove il vocabul suo diventa vano,
Arrivai io, forato ne la gola,
Fuggendo a piede, e sanguinando il piano.6
100Quivi perdei la vista, e la parola
Nel nome di Maria finio; e quivi
Caddi, e rimase la mia carne sola.
- ↑ v. 77. Fare; per uccidere si truova adoperato da’ nostri Classici. Franco Sacchetti, Nov. 98 « Facendosi una vitella grassa e bella ». E.
- ↑ v. 78. C. A. Forse più
- ↑ v. 80. C. A. ad Oriaco,
- ↑ v. 83. C. A. Mi pigliar
- ↑ v. 89. C. A. ed altri non à
- ↑ v. 99. C. A. appiè.