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46O anima, che vai per esser lieta,
     Con quelle membra co le quai nascesti,
     Venian gridando, un poco il passo queta.
49Guarda se alcun di noi unqua vedesti,
     Sì che di lui di là novelle porti:
     Deh perchè vai? deh perchè non t’arresti?
52Noi fummo tutti già per forza morti,
     E peccatori infine a l’ultima ora:
     Quivi lume del Ciel ne fece accorti,
55Sì che, pentendo e perdonando, fora
     Di vita uscimmo a Dio pacificati,
     Che del disio di sè veder ne accora.
58Et io: Perchè ne’ vostri visi guati,
     Non ricognosco alcun; ma se a voi piace
     Cosa ch’io possa, spiriti ben nati,
61Voi dite, et io farò per quella pace,
     Che dietro a’ piedi di sì fatta Guida,
     Di mondo in mondo cercar mi si face.
64Et uno incominciò: Ciascun si fida
     Del beneficio tuo senza giurarlo,
     Pur che il voler non posse non ricida.1
67Und’io, che solo, inanzi alli altri parlo,2
     Ti prego, se mai vedi quel paese
     Che siede tra Romagna e quel di Carlo,
70Che tu mi sii de’ tuoi preghi cortese3
     In Fano, sì che ben per me s’adori,
     Perch’io possa purgar le gravi offese.
73Quindi fu’ io; ma li profondi fori,
     Unde uscì il sangue, in sul quale io sedea,
     Fatti mi funno in grembo alli Antenori,4

  1. v. 66. C. M. il voler la possa non ricida. — Posse è l’infinito latino trasportato nell’ italiano, come altrove velle, frui e simili. E.
  2. v. 67. C. A. Ed io,
  3. v. 70. C. A. tu mi sia
  4. v. 75. C. A. furo