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[v. 88-99] | c o m m e n t o | 93 |
la notte; e per notare questo indusse l’autore questa ragione, sicché per questo dà ad intendere così la ragione, che mi fa avvedere di quel ch’io mi meravilliava, è questa; è che il Sole tanto va di là dall’Equatore verso settentrione, quanto va di là dall’Equatore verso l’antartico. Poi esce di questa materia, dicendo: Ma, se a te; cioè a te Virgilio, piace, volentier saprei; io Dante, Quanto avemo ad andar; ecco che si mostra disideroso di sapere lo fine del cammino; et assegna la cagione cioè la dificultà, dicendo: chè; cioè imperò che, il poggio; cioè del monte del purgatorio, sale; cioè va in alto, Più che sallir non posson li occhi miei; cioè più ch’io non posso comprendere co la vista corporale. E per questo si conferma quel che fu detto di sopra, che la sensualità e lo senso umano non si può stendere a considerare l’altessa de la penitenzia.
C. IV — v. 88-99. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Virgilio li rispuose a la sua dimanda; e come un’anima di quelle che erano quive, diede per costa a la risposta di Virgilio, dicendo così: Et elli; cioè Virgilio, a me; cioè Dante disse, s’intende: Questa montagna; cioè del purgatorio, secondo la lettera; ma, secondo l’allegoria, de la penitenzia, è tale; cioè è sì fatta, Che sempre al cominciar di sotto; cioè a montare suso: ogni via che va ad alto è faticosa, e però dice: è grave; e così la via de la penitenzia è faticosa dal primo grado, E quanto più va su; dice de la via del monte del purgatorio; ma intende de la via de la penitenzia, che quanto l’omo più monta di grado in grado, meno l’incresce; e però dice: e men fa male; cioè a chi su monta sempre la via de la virtù diletta più l’uno grado che l’altro; e quanto più si monta, più cresce lo diletto. Però quand’ella ti parrà soave; cioè delettevile e dolce questa sallita, Tanto, che su andar ti sia leggiero; cioè che ti paia lieve e non faticoso, Come assegonda; cioè com’è prospera, o come è agevile, giuso; cioè ver lo chino dell’acque, andar per nave; cioè andare per una piatta o scafa, che per li Fiorentini si chiama nave: a la china del fiume si va senza fatica tanta, con quanta si va a l’in su; e però ben dice facendo la similitudine che, quando lo montare li fi’ leggero come è leggero a la piatta o a la scafa andare a la china dell’acqua; o volliamo intendere pur dell’acqua; cioè come andare per nave giù ad acqua segonda; cioè ad acqua seguitante lo corso de la nave e non contastante col suo corso, Allor serai al fin d’esto sentero; cioè allora serai all’ultimo grado de la penitenzia e della virtù: però che allora arà l’abito de la penitenzia, come dice lo Filosofo: Signum generati habitus est in opere delectatio; e quando l’omo à l’abito, può dire che sia al fine de la sua apprensione. Quivi; cioè a quel fine, di riposar l’affanno aspetta; tu, Dante: imperò che ogni operante al fine riposa l’affanno suo. Più