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paradiso

vemi in sé stesso, col proprio colore dipinto della umana effiie perche i mio viso in lei tanto era messo là onde la mia vista tutta intera era fissa alla detta circolazione, o colore della Divinità. Quale il geometra che tutto s affige come il geometra che ferma la mente a considerare per misurare lo cerchio e non ritrova quello principio ond clii indige per cercare la quadratura del circolo, o per cercare se vi sia un’area di quadrato uguale ad un dato circolo, o quella verità o quel principio cli cui abbisogna tale era io a quella vista nuova era tale io a quella vista in Dio: veder voleva come si convenne lirnago al cerchio e come vi s indova io voleva comprendere come al detto secondo giro si conviene 1’ effigie umana, cioè come alla seconda persona ch’ è il Verbo, si convìene la Natura umana, e come essa Natura umana accomodatamenie, e quasi nel proprio suo dove si riponga. ma non eran da cio le proprie penne ma 1’ intendimento mio non aveva tanto valore; se non che la mia mente fu percossa da un fulgore, in che sua voglia venne se non che la mente mia fu percossa da uno splendore mosso dalla grazia divina, allume del quale avvenne quanto la mia mente bramava. A i alta phantasia qui manca possa qui mancano l’ali alla mia fantasia; ma gia volgea il mio disio e I velie si co- me rota che egualmente e mossa lo amore che move il Sole e laitre stelle ma l’amore che muove il sole e l’altre stelle, cioè Iddio volgeva il mio desiderio ed il mio volere concordemente al volere di lui, sì come ruota che in ogni sua parte egualmente è mossa, congiungendo il principio col fine; imperocchè dal principio al fine Dante intese di arrivare all’ultimo di tutti i beni, all’ultima felicità, cui ci faccia giungere Colui, che degnò di tanta grazia il nostro Poeta, perché haitcndo strada di onore, di gloria e di eternità vi pervenisse.