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p a r a d i s o i i i. |
[v. 46-57] |
angnoli. Li nostri affetti: cioè li nostri desidèri di noi spiriti, che siamo in questo grado, formati; cioè in su la forma rimasi, cioè nell’anima che è forma dell’omo, e non più nel coniunto dell’anima e del corpo, che solo infiammati; cioè li quali affetti solamente infiammati dell’ardore de la carità, Son nel piacer dello Spirito Santo: imperò che altro desiderio non ànno, se non di piacere allo Spirito Santo dal quale procede la carità, Letizian; cioè letizia ànno e godono, del suo ordine; cioè del suo grado di beatitudine nel quale ciascuno è posto. E questa sorte; cioè questa parte di beatitudine, che; cioè la quale, par giù cotanto: però che è più bassa che tutte l’altre come si mostra nel corpo della Luna, che è più bassa che tutti li altri pianeti, Però n’è data; cioè a noi è assegnata, perchè fuor negletti; cioè impigriti e dispregati da noi, Li nostri voti; cioè le nostre promissioni che avevamo fatte a Dio, e voiti: cioè mancanti e diminuiti, in alcun canto; cioè in alcuna sua parte: chi entra in monasterio promette tre cose a Dio; prima, onesta conversazione nel monisterio, obedienzia e castità. Et è da notare che voto è, secondo che dice lo Maestro delle sentenzie lib. iv, distinzione xxxviii 1, Testificatio quaedam promissionis spontaneae quae Deo et de his quae sunt Dei fieri debent. Et al voto si richiedono, come appare per la detta definizione, tre cose; prima, la deliberazione; secondo, proponimento di volontà; la terza, la publicazione: e queste tre cose si richiedono al voto solenne singolare, e così dice la diffinizione: imperò che ’l voto è di due spezie, cioè comune e singulare; comune quello che si fa nel battesimo quando si risponde: Abrenuntio, diabulo, et pompis eius; singulare è quello, che l’omo fa per sua propria volontà, d’osservare alcuna cosa. Ancora lo singulare si divide: imperò che alcuno è privato, et alcuno solenne; privato è quello che l’omo fa da sè in occulto; solenne è quello che si fa in publico nel cospetto della chiesa. Dice lo detto maestro che lo voto solenne non si può rompere 2, credo che in queste così fatte si dispensano l’opera, o se non avendo forsi tanta contrizione nella fine che basta, l’autore voglia che si siano potute salvare. E per mostrare questo à fatto questa fizione, et ancora perchè non ruppono 3 lo voto per lor propria volontà; ma furno sforzate sì, che più leggiermente potevano essere a salute. Queste anime di quelle femine che abandonorno la religione ratte dei monasteri, rompendo lo voto della conversazione onesta nel monasterio, potettono tenere poi onesta conversazione; ma non
- ↑ C. M. xxxviii. Uno manifestamento di promessa voluntaria, la quale si dè fare a Dio e di quelle cose che sono di Dio. Et al voto
- ↑ C. M. rompere ; ma l’ autore nostro non pare che vollia che, dispensando lo papa in questi voti solenni, o avendo alla fine tanta condizione che vasti, l’omo si possa salvare ; e per ’mostrare
- ↑ C. M. ruppeno