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c o m m e n t o |
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renti; questo dice a differenzia delli specchi che non sono trasparenti, perchè ànno lo piombo di rieto, e tersi; cioè e forbiti sì che non siano macchiati, nè appannati, O ver per acque nitide; cioè nette e monde, e tranquille: nitide pone, a differenzia de’ paduli, tranquille, cioè riposate, a differenzia de’ fiumi, Non sì profonde; cioè non sì alte, che i fondi sian persi; cioè perduti; questo dice a differenzia dei fossi cavi e del mare, li fondi dei quali sono tanto cupi che non si vedono, anco si vedono neri; e però si potrebbe intendere che i fondi siano persi; cioè neri, e queste sono l’ acque purissime delle fonti che sono chiarissime e basse e riposate, e però in esse si specchia la faccia umana come in specchio, e così nei vetri, Debili sì; cioè per sì fatto modo mancante dei loro colori tornano le postille, cioè le figure e le rappresentazioni dei nostri visi per li vetri e per l’acqua detta di sopra, che perla; ecco che arreca un’altra similitudine della perla che è bianca, nella fronte che è bianca, e però dice, che perla: perla è una pietra preziosa che si trova nelle conche marine, in bianca fronte; cioè d’alcuna donna, e però dice in bianca fronte, perchè si portano in capo delle donne che sono più bianche che li omini, e se non sono, si fanno, Non vien men forte; che vengano le postille dei nostri visi per lo vetro e per l’acqua, le quali vengnano sì debili che la perla nella bianca fronte non vien più debile. E puossi dire che qui sia abusio nella significazione del comperativo, quando vale tanto quanto lo suo contrario, come si dice: Lo mare di Pisa è più dolce che li altri mari, cioè meno amaro, e così men forte, cioè più debile, alle nostre pupille; cioè a le luci dei nostri occhi. E per questo dà ad intendere che, come non si vede bene la perla quando è in su la bianca fronte de la donna; così non si vedono ben chiaramente l’anime che apparittono a lui nel corpo lunare. Tali; cioè sì fatte come tornano le imagini dei nostri volti dei vetri, o dell’acqua, viddi’io; cioè Dante, più facce a parlar pronte; cioè sollicite et apparecchiate di parlare meco, Perch’io; cioè per la qual cosa io Dante, dentro; cioè nella mia mente pensando, corsi all’error contrario A quel; cioè errore, che accese; cioè lo quale accese, amor tra l’omo e ’l fonte; cioè tra Narcisso e ’l fonte nel quale si specchiava. Questa fizione si è detta di sopra nella prima cantica nel canto xxx, quine dove dice: E per leccar lo specchio di Narcisso ec. Ovidio Met. 1. iii lo pone, e ben dice errore contrario: imperò che elli; cioè Narcisso, vedendo la sua figura nell’acqua, credea che fusse una persona nell’aqua, che fusse distinta da lui; e Dante pensava quello che avvenisse perchè le persone fusseno di rieto a lui e rilucessono, come Narcisso riluceva nell’acqua, nel corpo lunare, e quello le rappresentasse come uno specchio, e però si volse a drieto per vedere se v’ era persona,