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c o m m e n t o |
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finge che la Vergine Maria facesse cenno a santo Bernardo che la sua orazione era esaudita; e com’elli si sentì venuto al suo desiderio, dicendo così: Li occhi; cioè della Vergine Maria, diletti e venerati da Dio: imperò che Iddio amò et onorò li occhi suoi, Fissi; cioè fermati, nell’orator; cioè in santo Bernardo, che avea fatta l’orazione e detta, mi dimostraro, cioè dimostraro a me Dante, Quanto i devoti preghi; cioè fatti con devozione, li son grati; cioè sono a grado a la Vergine Maria. Indi; cioè di quindi e di poi, a l’eterno lume; cioè a Dio, che è lume eterno, indeficiente, senza principio e senza fine, sè drizzaro; cioè dirizzorno sè, Nel qual; cioè lume, non si può creder; da alcuno, che Per creatura; cioè nè per Agnolo, nè per omo, s’inii; cioè si metta dentro: iniare 1; cioè mettere dentro, l’occhio tanto chiaro; quanto si mette quello della Vergine Maria. Et io; cioè Dante, ch’al fine di tutti disii; cioè lo quale al fine di tutti li desidèri, M’appropinquava; cioè m’approssimava, finii; cioè finitti, L’ardor del desiderio; lo quale io avea, in me; cioè in me Dante, sì; cioè per sì fatto modo, com’io; cioè come io Dante, dovea; cioè finire. Bernardo m’accennava; cioè santo Bernardo accennava me Dante, acciò che io ragguardasse ne la divina luce, e sorridea; cioè rideva pianamente e modestamente, Perch’io; cioè acciò che io Dante, guardasse insuso; cioè inverso Iddio, ma io era Già per me stesso; cioè per me medesimo, senza il cenno di santo Bernardo, tal, qual io volea; cioè essere desiderava. Chè la mia vista; cioè imperò che la mia veduta di me Dante, venendo sincera; cioè pura e chiara, E più e più entrava per lo raggio; cioè de la Divinità di poi più, che da prima, Dell’alta luce; che è Iddio, unde santo Ioanni: Erat lux vera, quae illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum -, che; cioè la quale luce, da sè è vera: Iddio è vera luce da sè, perchè da altro non depende. E qui finisce la prima lezione del canto xxxiii della terza cantica, e seguita la seconda.
Da quinci innanzi ec. Questa è la seconda lezione dell’ultimo canto della terza cantica del nostro autore Dante, nel quale finge ch’elli vedesse la Divinità, e così conchiude suo poema. E dividesi tutta in sei parti: imperò che prima finge ch’elli più vedesse che non è possibile a dire, e così si scusa ch’elli non può di quel, che vidde, parlare a pieno; nella seconda parte finge com’elli fece orazione a Dio che li prestasse grazia di potere ridire di lui alquanto di quel ch’elli vidde, e ritorna a dire com’elli passò per lo raggio de la divina luce a vedere Iddio colli occhi suoi, et incominciasi quine: O somma luce ec.; nella terza descrive quello ch’elli com-
- ↑ Iniarsi, dal latino ineo. E.