103Dal mondo, per seguirla, giovinetta
Fuggi’mi e nel suo abito m’ inchiusi,1 2
E promissi la via della sua setta.
106Omini poi al mal più che al ben usi
Fuor mi rapitten della dolce chiostra:3 4
Dio lo si sa qual poi mia vita fùsi.5 6
109E questo altro splendor, che ti si mostra
Dalla mia destra parte e che s’ accende
Di tutto ’l lume della spera nostra,
112Ciò ch’ io dico di me, di sè intende:
Sorella fu, e così li fu tolta
Di capo l’ ombra de le sacre bende.7
115Ma poi che pur al mondo fu rivolta
Contra suo grado e contra buona usanza,
Non fu dal vel del quor giammai disciolta.8
118Quest’ è la luce della gran Gostanza,
Che del secondo vento di Soave9
Generò ’l terzo e l’ ultima possanza.
121Così parlommi, e poi cominciò: Ave
Maria, cantando e cantando vanio,
Come per acqua cupa cosa grave.
124La vista mia che tanto la seguio,
Quanto possibil fu, poi che la perse,
Volses’ al segno di maggior disio.
- ↑ v. 104. Fuggi’mi; mi fuggii, dove la mancanza dell’ i viene indicata dall’ apostrofo, come Vedra’mi Par. C. I. v. 25. e C. III. v. 35. E.
- ↑ v. 104. C. A. mi chiusi,
- ↑ v. 107. C. A. rapiron
- ↑ v. 107. Rapitten; rapitteno, aggiunto il no alla terza singolare rapitte. E.
- ↑ v. 108. C. M. E Dio si sa — C. A. E Dio sa
- ↑ v. 108. Fùsi; si fu, perchè gli antichi non costumavano duplicare la consonante dell’ affisso. E.
- ↑ v. 114. C. M. sante bende.
- ↑ v. 117. C. A. cor
- ↑ v. 119. Soave, Soavia, Suapia rinviensi negli antichi nostri in vece di Svevia. E.