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c a n t o   iii 75   

103Dal mondo, per seguirla, giovinetta
     Fuggi’mi e nel suo abito m’ inchiusi,1 2
     E promissi la via della sua setta.
106Omini poi al mal più che al ben usi
     Fuor mi rapitten della dolce chiostra:3 4
     Dio lo si sa qual poi mia vita fùsi.5 6
109E questo altro splendor, che ti si mostra
     Dalla mia destra parte e che s’ accende
     Di tutto ’l lume della spera nostra,
112Ciò ch’ io dico di me, di sè intende:
     Sorella fu, e così li fu tolta
     Di capo l’ ombra de le sacre bende.7
115Ma poi che pur al mondo fu rivolta
     Contra suo grado e contra buona usanza,
     Non fu dal vel del quor giammai disciolta.8
118Quest’ è la luce della gran Gostanza,
     Che del secondo vento di Soave9
     Generò ’l terzo e l’ ultima possanza.
121Così parlommi, e poi cominciò: Ave
     Maria, cantando e cantando vanio,
     Come per acqua cupa cosa grave.
124La vista mia che tanto la seguio,
     Quanto possibil fu, poi che la perse,
     Volses’ al segno di maggior disio.

  1. v. 104. Fuggi’mi; mi fuggii, dove la mancanza dell’ i viene indicata dall’ apostrofo, come Vedra’mi Par. C. I. v. 25. e C. III. v. 35. E.
  2. v. 104. C. A. mi chiusi,
  3. v. 107. C. A. rapiron
  4. v. 107. Rapitten; rapitteno, aggiunto il no alla terza singolare rapitte. E.
  5. v. 108. C. M. E Dio si sa — C. A. E Dio sa
  6. v. 108. Fùsi; si fu, perchè gli antichi non costumavano duplicare la consonante dell’ affisso. E.
  7. v. 114. C. M. sante bende.
  8. v. 117. C. A. cor
  9. v. 119. Soave, Soavia, Suapia rinviensi negli antichi nostri in vece di Svevia. E.