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C. XXIX — v. 37-54. In questi sei ternari lo nostro autore finge come Beatrice, seguendo lo suo ragionamento per dichiarare li tre dubbi di Dante, conchiuse la dichiarazione e discese a la natura angelica, della quale aveva detto di sopra, dicendo: Ieronimo; cioè santo Ieronimo dottore della santa Chiesa, ne scrisse lungo tratto; cioè lunga estensione, Dei seculi: seculo è proprio tempo di cento anni, sicchè dice che santo Ieronimo scrisse di grande tempo innanti a la creazione del mondo essere creati li Agnoli; e però dice: de li Agnoli creati; cioè li quali ebbono li Agnoli creati inanti che si creasse lo mondo; e però dice: Anzi che l’altro mondo fusse fatto; cioè, inanzi che disse, creasse poi l’altre cose del mondo. Ma questo vero; cioè che Iddio creasse ogni cosa insieme, è scritto in molti lati; cioè in molti libri et in molti luoghi della santa Scrittura, Da li Scrittor de, lo Spirito Santo; cioè dai santi Dottori che ànno scritto, secondo che lo Spirito Santo à dittato. E tu, cioè Dante, te n’avvedrai; che questo vero è scritto da’ Dottori, se bene agguati; cioè se bene poni mente a la santa Scrittura, che lo scrive, Et anco la ragione; cioè vera, il vede; cioè questo, che detto è, alquanto; cioè per alcuno modo, benchè non sia ragione demonstrativa, Che non concederebbe; cioè la quale non concedrebbe questo, cioè che i motori; cioè li Agnoli, che sono posti da Dio a muovere li cieli, Senza sua perfezion fosser cotanto; cioè tanti seculi, quanti scrisse Ieronimo; e la ragione si può formare in questo modo: Iddio produsse e creò la 1 natura ne la sua perfezione, et allora la cosa è perfetta, quando ella à la suo fine a che è fatta: l’angelica natura fu fatta a servire a Dio in muovere li cieli e governare e guardare li omini; e se li cieli non furno molti seculi, nè li omini, dunqua molti seculi sarebbe stata l’angelica natura invano, che sarebbe mancamento della sua perfezione. Et ora finge che Beatrice conchiudesse che dichiarati erano li dubbi, dicendo: Or sai tu; cioè Dante, dove: imperò che intra la eternità d’Iddio, e quando; cioè quando piacque a Dio fuora di tempo e d’ogni comprensione, questi Amori; cioè questi Agnoli, Furon creati; cioè di nulla fatti, e come; cioè et in che grado; imperò che in grado più nobile, sicchè; ecco che conchiude lo principale intendimento, cioè per la qual cosa seguita: spenti; cioè che siano spenti, già Nel tuo disio; cioè nel tuo desiderio, son li tre ardori; cioè le tre dubitazioni, che t’ardevano e facevano dubitare, dei quali è stato detto di sopra. Non iungeriesi numerando; cioè volendo alcuno numerare, dicendo: Uno, due e tre, al venti; cioè sicchè pervenisse al numero di venti, Sì tosto, come de li Agnoli parte; cioè quella, che fu ribella 2 a Dio, Mutò ’l subietto dei

  1. C. M. la materia
  2. Ribella, come leggiera, fina e simili. E.