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c a n t o     xxix. 757   

103Non à Firenze tanti Lapi e Bindi,1
     Quante sì fatte favole per anno
     In pergamo si gridan quinci e quindi:
106Sì che le pecorelle, che non sanno,
     Tornan dal pasco pasciute di vento,
     E non le scusa non veder lo danno.2
109Non disse Cristo al suo primo convento:
     Andate, e predicate al mondo giancie;3
     Ma diede lor verace fondamento.
112El qual tanto sonò nelle sue guancie,4
     Sì ch’ a pugnar, per accender la Fede,
     De l’Evangelio fero scudi e lancie.
115Ora si va con motti e con iscede
     A predicare, e pur che ben si rida,
     Gonfia ’l cappuccio, e più non si richiede.
118Ma tal uccel nel becchetto s’annida,
     Che se ’l vulgo il vedesse, vederebbe5
     La perdonanza, di ch’ ei si confida;
121Per cui tanta stultizia in terra crebbe,
     Che senza prova d’alcun testimonio
     Ad ogni promission si correrebbe.6
124Di questo ingrassa ’l porco santo Antonio,
     Et altri assai che son peggio che porci,7
     Pagando di moneta senza conio.
127Ma perchè sian digressi assai, ritorci8
Li occhi oramai verso la dritta strada9 10
Sì, che la via e ’l tempo si raccorci.

  1. v. 103. C. A. o Bindi,
  2. v. 108. C. A. lor danno,
  3. v. 110. C. M. C. A. ciance;
  4. v. 112. C. A. Cotal molto sonò
  5. v. 119. C. A. il vedesse, non torrebbe
  6. v. 123. C. A. promession si converrebbe.
  7. v. 125. C. A. che sono ancor più porci,
  8. v. 127. C. M. C. A. siam
  9. v. 128. C. M. ditta strada
  10. v. 128. C. A. che la vista col tempo s’accorci.