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rante la grazia divina. Così di grado in grado; cioè dalla inspirazione della grazia al volere, dal volere al merito, dal merito a lo intendere, e dallo intendere a l’amare, e questo è fruere Iddio 1. Ecco come da Dio viene lo principio della beatitudine delli spiriti beati et in lui si termina; e però ben dice: ''Ego sum alpha et Ω; principium et finis— , si procede; cioè dalli spiriti beati a la similitudine. E debbesi intendere questo ordine cosi: La grazia preveniente eccita lo buono volere, la grazia cooperante aiuta questo buono volere e compie questo buono volere e confermalo: e tanto quanto è l’atto del volere in accettare questa grazia che ’l muove, tanto è lo merito, sicchè nella creatura è la grandezza del volere, e per consequente del merito, e secondo lo merito è lo intendere Iddio, e secondo lo intendere è l’amare, e secondo l’amare è fruere Iddio che è essere beato.
C. XXVIII — v. 115-129. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come Beatrice, continuando lo suo parlare, manifesta l’altre due gararchie, dicendo così: L’altro ternaro; cioè la seconda gerarcia, che 2 è di tre ordini, come la prima, che; cioè la quale, così germollia; cioè mette fuora e polla, come pollano li albori nella primavera, che ogni brocco mette fuora le sue frondi e rami e fiori, e così questi ordini sempre metteno fuora carità, scienzia et iustizia, In questa primavera sempiterna; cioè in questa beatitudine, dove è sempre abbondanzia delle dette tre virtù, Che; cioè la quale primavera, il notturno Ariete; cioè quando Ariete è nel nostro emisperio di notte, che è quando lo Sole è in Libra, ch’è segno nel principio del quale, quando lo Sole è, sono pareggiati li di’ colle notti, e cominciano a crescere le notti e mancare li di’, et allora cominciano a cadere le follie delli arbori; e però dice: non dispollia; cioè de le sue frondi, cioè de le dette virtù: imperò che li detti Angnoli in grazia non perdono mai le loro virtù: potrebbe anco dire lo testo disfollia; cioè leva le follie, et è quella medesima sentenzia; e dice: notturno Ariete, a differenzia del diurno Ariete, che, quando Ariete è nel nostro emisperio di di’, lo Sole è in lui, si pareggiano le notti co li di’ e cresceno poi li di’ e mancano le notti, et allora li arbori si vesteno di rami nuovi, frondi e fiori; ma quando Ariete è nel nostro emisperio di notte, allora lo Sole è in Libra, e viene lo contrario; e però dice: notturno Ariete, a denotare quando lo Sole è in Libra, Perpetualmente: però che mai non viene meno, Osanna; questo è prego che si fa a Dio, che è esposto di sopra che viene a dire;
- ↑ Fruendo, fruere. Quanta grazia da certe voci tratte dai Latini, se con senno vengono adoperate! E.
- ↑ C. M. che si chiama ternario, perchè à tre ordini d’Angeli, come