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mente compiute; cioè se lo grande corpo à le suoi 1 parti parimente compiute come lo piccolo, come si vede, per esemplo, maggior forza à uno grande uomo che uno piccolo; e se ’l piccolo avesse amendune le mani e lo grande non l’avesse, arebbe maggior forza lo piccolo, che il grande. E, dichiarato l’antecedente, conchiude: Dunque costui; cioè questo nono cielo, che; cioè lo quale, tutto quanto rape L’altro universo: imperò che 2, come elli si gira in ventiquattro ore; così fa girare ogni cielo contenuto dentro da sè in quello medesimo tempo, seco; cioè insieme con lui, corrisponde Al cerchio; cioè delli angeli Serafini, che è lo minore che più ratto e più presso gira intorno a Dio, che; cioè lo quale cerchio de’Serafini, più ama; cioè Iddio che li altri Angeli, e che più sape; cioè à maggiore scienzia d’Iddio e de le cose create che li altri Angeli; e questo à dato ad intendere l’autore per la prossimità e per la velocità, che significa l’ardente fervore che ànno inverso Iddio, e la subita conversione che ebbono a Dio come furno creati. Et ora dichiara che la similitudine si debbe intendere, secondo la virtù, e non secondo la quantità corporale; e però dice: Per che; cioè per la qual cosa, se tu; cioè Dante, circonde; cioè intornei et accerchi. La tua misura; cioè lo misurare che tu fai de’cerchi delli Angeli che sono intelligibili, e dei corpi celesti che sono sensibili, a la virtù; ch’elli ànno, e non a la parvenza; cioè e non a la quantità, Delle sustanzie; cioè intelligibili che sono li Angeli, e sensibili corporei che sono li cieli, che; cioè le quali, t’appaion tonde: imperò che li Angeli t’appaiono in cerchio intorno al punto, e de’cieli che t’appaiono tondi intorno al centro della terra, Tu; cioè Dante, vederai mirabil consequenza; cioè meravigliosa convenienza e correspondenzia, Di maggio; cioè di maggiore corpo, a più; cioè virtù, e di minore; cioè corpo, a meno; cioè virtù, In ciascun Cielo; che sono nove, a sua Intelligenza; cioè al suo cerchio delli Angeli, che sono intelligenzie; cioè: Tu vedrai che la nona spera risponde a la virtù de’Serafini, e l’ottava a la virtù de’Cherubini, e Saturno ai Troni, et Iove a le Dominazioni, e Marte a le Virtuti, e lo Sole a le Potestati, e Venus ai Principati, e Mercurio a li Arcangeli, e la Luna a li Angeli. E qui finisce la prima lezione di questo canto xxviii, et incominciasi la seconda.
Come rimane ec. Questa è la seconda lezione del canto vigesimo ottavo, ne la quale finge l’autore com’elli rimase chiaro dopo la dichiaragione fatta da Beatrice; e com’ella dichiarò ancora li ordini
- ↑ Suoi. Dal singolare soo e soa provennero anticamente i plurali soi e soe; e, frammessovi l’u, doventarono suoo e suoa, donde poscia suoi e suoe; e suoa terminato in e, come arme, leggiere ec. uscì nel plurale feminile in suoi. E.
- ↑ C. M. universo; cioè lo quale cielo tutti gli altri cieli tira di rietro a sè: imperò che,