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c a n t o     xxviii. 733   

106E dei saper che tutti ànno diletto
     Quanto la sua veduta si profonda
     Nel Vero, in che si queta ogni intelletto.
109Quinci si può veder come si fonda1
     L’esser beato nell’atto che vede,
     Non in quel ch’ama, che possa segonda;
112E del vedere è misura mercede,
     Che grazia parturisce e buona vollia:
     Così di grado in grado si procede.
115L’altro ternaro, che così germollia
     In questa primavera sempiterna,
     Che il notturno Ariete non dispollia,2
118Perpetualmente Osanna isverna3
     Con tre melode, che suonano in tree
     Ordini di letizia, onde s’interna.
121In essa gerarcia son le tre Dee,4
     Prima Dominazioni, e poi Virtudi;
     L’ordine terzo di Potestadi ee.5
124Possa ne’ du penultimi tripudi
     Principati et Arcangeli si girano;
     L’ultimo è tutto d’Angelici ludi.
127Questi ordini di su tutti s’ammirano,
     E di giù vincon, sicchè ’n verso Iddio
     Tutti tirati sono e tutti tirano.
130E Dionisio con tanto disio
     A contemplar questi ordini si mise,
     Che li nomò e distinse, com’io.

  1. v. 109. C. A. onde si
  2. v. 117. C. A. Che notturno
  3. v. 118. C. A. sterna
  4. v. 121. C. A. gerarchia son l’altre idee;
  5. v. 123. Ee, voce originaria ed intera, perchè, dettosi nella seconda persona tu ei, ne veniva ce nella terza. E.
   Par. T. III. 47