79Come rimane splendido e sereno
L emisperio dell’ aire, quando soffia
Borea da quella guancia onde è più leno,
82Per che si purga e risolve la roffia,
Che pria turbava, sì che ’l Ciel ne ride,
Colle bellezze d’ ogni sua parroffia;
85Così fec’ io, poi che mi provide
La donna mia del suo risponder chiaro,
E come stella in Cielo il ver si vide.
88E poi che le parole sue restaro,
Non altremente ferro disfavilla,1
Che bolle, come i cerchi sfavillaro.
91Lo incendio suo seguiva ogni scintilla;2
Et eran tante, che ’l numero loro,
Più che ’l doppiar delli scacchi, s’immilla.
94Io sentia osannar di coro in coro
Al punto fìsso, che li tiene all’ubi,3
E terrà sempre, nel qual sempre foro.4
97E quella, che sentia i pensier dubi5
Nella mia mente, disse: I cerchi primi
Mostrati t’ ànno i Serali e i Cherubi.6
100Così veloci segueno i suoi vimi,
Per similliarsi al punto quanto ponno;
E posson quanto a veder son soblimi.
103Quelli altri Amori che ’ntorno li vonno,7
Si chiaman Troni del divino aspetto,
Perchè ’1 primo ternaro terminonno.8
- ↑ v. 89. C. M. C. A. altrimenti
- ↑ v. 91. C. A. Lo incendio lor
- ↑ v. 95. Ubi; dove, come prope ed altre cotali voci, che in sul nascere di
nostra lingua furono derivate dalla latina. E.
- ↑ v. 96. C. M. C. A. ne’ quai
- ↑ v. 97. C. A. che vedeva
- ↑ v. 99. C. A. T’ànno mostrato Serafi e
- ↑ v. 103. Vonno, terza plurale del presente indicativo, con l’aggiunta d’una n, essendosi da principio finite in ono le terze plurali di questo tempo. E.
- ↑ v. 105. Terminonno, dalla terza del singolare in ò, raddoppiato l’n di no, per cagione dell’accento. E.