22Forse cotanto, quanto pare, appresso
Alo cinger la luce, che ’l dipigne,
Quando ’l vapor, che ’l porta, più è spesso,
25Distante intorno al punto un cerchio d’igne
Si girava sì ratto, ch’ avrea vinto
Quel moto che più tosto il mondo cigne;
28E questo era d’un altro circuncinto,
E quel dal terzo, e ’l terzo poi dal quarto,
Dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto.
31Sopra seguiva il settimo sì sparto
Già di larghezza, che ’l messo di Iuno1
Intero a contenerlo serebbe arto.
34Così l’ ottavo, e ’l nono; e ciascheduno
Più tardo si movea, secondo ch’ era
In numero distante più dall’uno.
37E quello avea la fiamma più sincera,
Cui men distava la favilla pura,
Credo però, che più di lei s’invera.
40La donna mia, che me vedea in cura
Forte sospeso, disse: Da quel punto
Depende ’l Cielo, e tutta la Natura.
43Mira quel cerchio, che li è più coniunto,2
E sappi che ’l suo muover è sì tosto
Per l’affocato amor, ond’elli è punto.
46Et io a lei: Se ’l mondo fusse posto
Coll’ ordine ch’ io veggio in quelle rote,
Sazio m’arebbe ciò che m’è proposto;
49Ma nel mondo sensibile si puote
Veder le volte tanto più divine,3
Quant’elle son dal centro più remote.
- ↑ v. 32. C. A. Giuno
- ↑ v. 43. che più li è congiunto
- ↑ v. 50. C. A. le cose