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p a r a d i s o x x v i i . |
[v. 139-148] |
6, meno una centesima parte d una ora, sicchè ogni quattro anni cresce l’anno uno di’, et è quello anno 366 di’, meno quattro centesime, e però ogni quattro anni è bisesto, cioè che quello di’ si da a Ferraio et è Ferraio allora 29 di’, e però si dice a 23 di’ di Ferraio: Sexto kal. Martii prima die bisextili, e lo seguente di’ ancora si dice: Sexto kal. Martii secunda die bisextili; e però si chiamò bisesto perchè due volte si dice: Sexto kal. Martii, perchè sono allora due di’ nominati ad uno medesimo modo; e se questo non si facesse, tutto l’ordine dell’anno in poco tempo sarebbe disordinato. E per quella centesima che l’anno cresce meno di 6 ore, manca in cento anni una ora, e così è mancato l’anno, da poi che si fe lo mondo infine a qui, ogni cento anni una ora, che sarebbono meno li di’presso che sessanta sei ore; dico presso, perchè vi mancano sei centesime: imperò che infiue a qui sono li anni del mondo 6594, e così per questo mancamento avverrà che Gennaio sarà nell’autunno et uscirà del verno: imperò che il verno incomincia quando lo Sole entra in Capricorno, che è circa mezzo Dicembre, e dura infine che elli passa Aquario e che viene infine a mezzo Marzo, o circa. Levando di questo numero Pisces, ogni cento anni una ora, avverrà che lo verno che incomincia di Dicembre, o a 12 di’ o quinde intorno, inde tolti 50 di’ verrà lo Sole in Capricorno di Ferraio, e di Gennaio sarà in Sagittario, e così rimarrà Gennaio fuor del verno, e sarà nell’autunno. E questo è quello che l’autore vuole dimostrare; cioè che innanzi che questo sia, avverrà quello che dice ora: Ruggeran sì; cioè quando faranno sì fatto ruggito e romore, strofinandosi insieme, questi cerchi superni; cioè questi cerchi celesti, che sono a dare influenzia giuso ne li elementi e nelle cose elementate, Che la fortuna; cioè l’ordine fatale, che deduce ad effetto quello che la divina Providenzia àe provveduto, che; cioè la quale fortuna, tanto s’aspetta; cioè con grande desiderio da li omini, che desiderano di vedere dirizzato lo mondo nel debito fine, Le poppe volgerà u’ son le prore; cioè volgerà a la lascivia del mondo et a l’avarizia, che nasce per quella, la parte postrema del navigio per abbandonarla, a la quale àe ora dirizzate le prore, cioè le parti anteriori per andare a lei, sicchè non vuole dire altro, se non che verrà tempo che la Chiesa d’Iddio e li prelati si tireranno a drieto da’vizi ai quali ora intendono: imperò che poppa è la parte ultima del navilio, e prora è la parte prima che va innanzi; e però conchiude: Sì; cioè per sì fatto modo, che la classe; cioè lo navigio de la santa Chiesa, correrà diretta; cioè correrà dirizzata al suo fine, E vero frutto verrà dopo’l fiore; cioè e dopo tale dirizzamento, che sarà come uno fiore, seguirà lo vero frutto, cioè la salute eterna, che sarà premio e frutto del bene operare de’cristiani. E qui finisce lo canto xxvii, et incominciasi lo canto xxviii.