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p a r a d i s o i i. |
[v. 112-126] |
Asia; e li altri due minori, come è Africa et Europa. E questa oppinione approva per la lettera di questa cantica nel canto xxii, quando dice l’autore ch’elli, essendo nel segno di Gemini, vide sotto di sè tutte le spere e la terra, e vidde la Luna volta in su senza quell’ombre ch’ella à quando è volta ingiù a noi, e diceno che n’è cagione: imperò che la terra non splende in essa nell’acqua allora: imperò che in verso la terra è volta la parte opaca; e dice nel detto luogo lo testo: Vidi la fillia di Latona; cioè la Luna, incensa; perchè era allora in combustione: imperò che era volta al Sole e non in ver la terra, Senza quell’ombre; cioè essere in lei, Che; cioè le quali, mi fur cagione; cioè a me Dante, Per che io già la credetti rara e densa; come è stato detto di sopra. Ecco che per questo diceno che assai si comprende che l’autore volea che l’ombra della terra sia cagione dei turbo de la Luna: imperò che, quando non ragguarda la terra, finge che sia senza lo turbo; ma questa oppinione dannano molti per la ragione della Prospettiva dicendo che, se questa fusse vera cagione, quando la Luna è nell’oriente non arebbe se none una ombra, cioè quella d’Asia; e quando è nell’occidente n’arebbe due, cioè quella d’Africa e d’Europa; e questo non è vero che sempre l’à tutte e tre, dunqua non è vera la detta cagione. Or adunqua volendo mostrare lo nostro autore quello che diceno li Teologi, dice che Beatrice parlasse in questa forma, ponendo prima una maggiore la quale è questa: Tutti li corpi celesti cagionano diversi effetti giuso nelle cose inferiori, secondo la potenzia loro e la virtù de le intelligenzie infusa in loro; e questo prouva dimostrando l’ordine de le influenzie che li corpi di sotto ricevono da quelli di sopra. Dice dunqua così: Dentro dal Ciel de la divina pace; questo cielo del qual parla è lo cielo empireo, lo quale è di luce e d’amore come dirà di sotto, et è quieto: imperò che non si gira, e perciò lo chiama l’autore Cielo de la divina pace: imperò che in esso, nè sopra esso nulla turbazione può essere, nè mutamento, anco pace, riposo et allegrezza: imperò che sopra esso et in esso è vita eterna: imperò che quine è Iddio nostro creatore e di tutta la composizione mundana, Si gira un corpo; questo è lo primo mobile che si chiamò lo cielo cristallino, et è lo nono cielo contenuto dentro dal cielo empireo, e però dice l’autore che Beatrice dicesse che questo corpo che è lo nono cielo primo mobile si girasse dentro dal cielo empireo immobile, nel quale, o vero sopra ’l quale, è Iddio e la corte sua di paradiso, ne la cui virtute; cioè ne la virtù del quale nono cielo, iace; cioè sta, L’esser di tutto suo contento; cioè lo conservamento dell’essere e la virtù motiva et effettiva di tutta la sua contenenzia: questo nono cielo primo mobile contiene dentro da sè tutti li altri cieli che sono otto, cioè lo cielo stellifero nel quale è lo Zodiaco, che è lo su-