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quali chiavi furno concedute a me Piero, Divenisser signaculo in vessillo; cioè diventassono segno di gonfalone, Che; cioè lo quale gonfalone, contra i battezzati combattesse; cioè combattesse contra li cristiani. Nè ch’io; cioè nè non fu nostra intenzione, che io Piero fusse figura di sigillo: imperò che nella bolla del papa dall’una parte è la figura de le teste di san Piero e di san Paulo, Ai privilegi venduti; e qui riprende la simonia, e mendaci; cioè falsificati e così riprende la falsità. Ond’io; cioè per la qual cosa io Piero sovente; cioè spesso, arrosso: imperò che di ciò mi coruccio, e disfavillo; gitto raggi. E questo è secondo la fizione de l’autore, per mostrare lo fervore della carità di san Piero, che infine in vita eterna, finge l’autore che 1 li dispiaceno le simonie e le falsità, che si fanno in corte di Roma. E questa fizione àe fatto, per riprendere i pastori della santa Chiesa de la loro disonesta vita, e non era licito a lui di riprenderli; e però introduce san Piero a parlare, e finge ch’elli riprenda.

C. XXVII — v. 55-66. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che san Piero, seguendo la sua riprensione, esclama a Dio e pregalo che ponga a ciò rimedio, e conforta Dante che lo debbia dire quando tornerà nel mondo, dicendo così: In vesta di pastor; cioè in abito et apparenzia di pastori: imperò che vanno colle grandi cappe, lupi rapaci; cioè li quali lupi, rapaci quanto a l’animo et all’opere che fanno, Si veggion di quassù; dice san Piero che li prelati della Chiesa si vedono in cielo in apparenzia di pastori; ma all’opere sono rapaci lupi, che divorano le loro pecore, cioè li loro sudditi, per tutti i paschi; cioè per tutti li benefici che sono nella cristianità: così sono li benefici a’cherici, come li paschi a le pecore che ne vivono: e come li lupi nelle pasture assalliscono e divorano le pecore; così li prelati della Chiesa, che doverebbono essere come pastori a difendere dai lupi, cioè dai dimoni, li loro sudditi e li loro populi, sono come lupi rapaci a divorare le loro facultà et a farli ruinare col loro malo esemplo; e però esclama a Dio, dicendo: O difesa d’Iddio; cioè o Iddio, che li doveresti difendere, cioè li sudditi e li cristiani sottoposti a la loro cura, perchè pur giaci; cioè perchè non ti lievi a spaventare tali prelati co la tua voce e co li tuoi punimenti, come lo cane spaventa li lupi co l’abbaiamento e col morso! E perchè l’autore parla sotto colore retorico, trasferendo li pastori ai prelati, e le pecore a’ sudditi, però seguendo lo modo del parlare, trassumme lo cane a la difesa d’Iddio, come lo cane è difenditore delle pecore co la sua buona guardia; così Iddio, de’suoi buoni uomini. E che san Piero riprenda qui la tardanza de la divina iustizia finge l’autore, a dimostrare lo grande fervore

  1. C. M. che si corrucci e riprenda le simonie