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c a n t o     xxvi. 687   

79Onde me’ che dinanzi viddi poi,1
     E quasi stupefatto dimandai
     D’un quarto lume, ch’io viddi con noi.2
82E la mia donna: Dentro da quei rai
     Vagheggia ’l suo Fattor l’anima prima,
     Che la prima Virtù creasse mai.
85Come la fronde, che flette la cima3
     Nel transito del vento, e poi si leva
     Per la propria virtù che la sublima,
88Fec’io in tanto, in quanto ella diceva,
     Stupendo, e poi mi rifece sicuro
     Un disio di parlare und’io ardeva.
91E cominciai: O pomo, che maturo
     Solo produtto fusti, o padre antico,
     A cui ciascuna sposa è figlia e nuro,
94Divoto quanto posso a te supplico,
     Perchè mi parli: tu vedi mia voglia;
     E, per udirti tosto, nolla dico.4
97Tal volta uno animal coverto broglia,5
     Sì che l’affetto convien che si paia,
     Per lo seguir che face in lui la voglia;
100E similmente l’anima primaia
     Mi facea trasparer per la coverta
     Quant’ella a compiacermi venia gaia.
103Indi spirò: Senza essermi proferta:
     Dante, la voglia tua discerno mellio,6
     Che tu qualunche cosa t’è più certa;

  1. v. 79. C. A. meio che dinanzi vidi
  2. v. 81. C. A. vidi tra noi.
  3. v. 85. Flette; piega dal latino flectere, che vale piegare. E.
  4. v. 96. C. M. C. A. non la
  5. v. 97. C. A. coperto
  6. v. 104. C. A. meglio,