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C A N T O XXVI.
1Mentr’io dubbiava per lo viso spento,1
De la fulgida fiamma, che lo spense,
Uscì un spiro che mi fece attento,2
4Dicendo: Intanto che tu ti risense
De la vista che ài in me consunta,
È buon che ragionando la compense.3
7Comincia dunque, e dì ove s’appunta
L’anima tua; e fa ragion che sia
La vista in te smarrita e non defunta:
10Perchè la donna, che per questa dia
Region ti conduce, à ne lo sguardo
La virtù, ch’ebbe la man d’Anania.
13Io dissi: Al suo piacere e tosto, e tardo
Vegna rimedio a li occhi che fur porte,
Quand’ ella intrò col fuoco, onde sempre ardo.
16Lo ben, che fa contenta questa Corte,
È Alfa et Omega di quanta scrittura4
Mi legge amore e lievemente, e forte.5
19Quella medesma voce, che paura
Tolto m’ avea del subito abbarbaglio,
Di ragionar ancor mi mise in cura;