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678 | p a r a d i s o x x v . | [v. 79-87] |
et incominciasi quine: Et io: Le nuove ec.; nella terza finge come apparine santo Ioanni evangelista, et incominciasi quine: Possa tra esse ec.; nella quarta finge come egli si sforzava di vederlo se era in corpo, e come li fu risposto che no, et incominciasi quine: Quale colui ec.; nella quinta finge come quietato lo giro delli Apostoli elli volse 1 vedere Beatrice, e benchè l’avesse allato, nolla potè vedere, et incominciasi quine: A questa voce ec. Divisa adunque la lezione, ora è da vedere lo testo co le esposizioni letterali, allegoriche e morali.
C. XXV — v. 79-87. In questi tre ternari lo nostro autore finge come santo Iacopo lo dimandò che promette a l’omo la speranza, dicendo così: Mentr’io; cioè in mentre, che io Dante, dicea; quello che è detto di sopra, dentro al vivo seno Di quello incendio; cioè dentro al lume, in che era la beata anima di santo Iacopo, tremulava un lampo; cioè dibattevasi uno fulgore, come vegnano li lampi, Subito e spesso 2; cioè lo detto lampo, a guisa di baleno: lampo s’intende uno ardente splendore durabile come dura la lampana, e baleno si dice lo fulgore che subito viene e spesso, e non dura; sicchè l’autore fa comparazione del lampo a lo baleno, ne la subitezza e ne la spessitudine quanto al tremulare che àe detto; e lampo dice quanto a la grandezza e durabilità dello splendore. Indi; cioè di quello lume, che detto è, spirò; cioè uscitte fuori questa voce, cioè: L’amore; cioè l’ardente carità, ond’io; cioè per la quale io beato spirito, avvampo; cioè ardo, cioè risplendo, Ancor ne la virtù; cioè della speranza, che mi seguette; cioè seguitò me beato spirito, Insin la palma; cioè infin che io venni a la vittoria del martirio, et all uscir del campo; cioè et infine a la morte, ne la quale s’esce del campo: imperò che infine a quella stiamo nel campo a combattere coi nostri avversari, Vuol ch’io; cioè che io beato spirito, cioè santo Iacopo, respiri a te; cioè parli a te Dante, che ti dilette; cioè lo quale Dante ti diletti d’essa virtù; e però dice: Di lei; cioè della speranza, et emmi; cioè et è a me beato spirito, a grato; cioè grazioso et in piacere, che tu diche; cioè che tu, Dante, dichi a me, Quello, che la Speranza ti promette; cioè che è quello, che tu speri. E così finge l’autore ch’elli fusse indutto da santo Iacopo a manifestare quello, ch’elli aspettava e sperava d’avere. Seguita.
C. XXV — v. 88-99. In questi quattro ternari lo nostro autore finge com’elli rispuose al dimando fatto di sopra da santo Iacopo;