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c a n t o     xxv. 669   

100Possa tra esse un lume si schiarì,
     Tal che, se ’l Cancro avesse un tal cristallo,
     Lo verno arebbe un mese d’un sol di’.1
103E come surge, e va, et entra in ballo
     Vergine lenta, sol per fare onore
     A la novizia, non per alcun fallo;2
106Così vidd’io lo schiarato splendore3
     Venir ai due che si volgeano a rota,
     Qual conveniva al loro ardente amore.4
109Missesi lì nel canto e nella rota;5
     E la mia donna in lor tenea l’aspetto,
     Pur come sposa tacita et immota.
112Questi è colui che giacque sopra’l petto
     Del nostro Pellicano, e questi fue
     Di su la Croce al grande officio eletto.
115La donna mia così, nè però piue
     Mostrò la vista sua di stare attenta6
     Possa, che prima alle parole sue.7
118Quale colui ch’adocchia, e s’argomenta8
     Di veder eclissar lo Sole un poco,
     Che per veder, non vedente diventa;
121Tal mi fec’io a quell’ultimo foco,
     Mentre che detto fu: Perchè t’abballi
     Per veder cosa che qui non à loco?
124In Terra è terra il mio corpo, e saralli
     Tanto colli altri, che ’l numero nostro
     Coll’eterno proposito s’aggualli.

  1. v. 102. C. M. L’inverno avrebbe
  2. v. 105. C. A. altro fallo;
  3. v. 106. C. M. schiarito
  4. v. 108. C. M. C. A. conveniasi
  5. v. 109. C. M. C. A. nella nota;
  6. v. 116. C. A. Mosse la
  7. v. 117. C. A. prima le parole
  8. v. 118. C. M.C. A. Quale è