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C A N T O     XXV.





1Se mai continga che ’l poema sacro,
     Al qual à posto mano e Cielo e Terra,
     Sì che m’ à fatto per più anni macro,1
4Vinca la crudeltà che fuor mi serra2
     Del bello ovile, ov’io dormi’ agnello
     Nimico ai lupi che li danno guerra;3
7Con altra voce omai, con altro vello
     Ritornerò poeta, et in sul fonte
     Del mio battismo prenderò ’l cappello:4
10Però che nella Fede, che fa conte
     L’anime a Dio, quivi entra’io, e poi
     Pietro per lei sì mi girò la fronte.
13Inde si mosse un lume verso noi
     Di quella spera, unde uscì la primizia,5
     Che lassò Cristo nei vicari suoi.6
16E la mia donna piena di letizia
     Mi disse: Mira, mira; ecco ’l Barone,
     Per cui laggiù si visita Gallizia.

  1. v. 3. C. A. n’ha fatto
  2. v. 4. C. A. ne serra
  3. v. 6. C. A. che ne danno
  4. v. 9. Cappello; corona, ghirlanda dal capelh dei Trovadori. E.
  5. v. 14. C. A. quella schiera,
  6. v. 15. C. A. Che lasciò Cristo de’ vicari