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p a r a d i s o x x i i i . |
[v. 127-139] |
come luogo, dal quale per influenzia è proceduta dopo la grazia d’Iddio, la quale prima procede in tutti li atti virtuosi e buoni; poi pensò di fingere d’avere colloquio con loro, e però ebbe prima meditazione sopra l’ascensione di Cristo, poi sopra l’ascensione della Vergine Maria, e poi che parlasse con alquanti de’ beati; e così fingendo verisimilmente, mostra li suoi pensieri e meditazioni, che ebbe componendo questo poema, e però non si debbe intendere così simplicemente. Dice poi: Regina Coeli cantando sì dolce; cioè che li beati rimaseno nel suo pensieri, cantando sì dolcemente quella antifona che canta la Chiesa per la Resurrezione, cioè: Regina cœli laetare alleluja, Quia quem meruisti portare, alleluja, Resurrexit, sicut dixit, alleluja, Ora prò nobis Deum, alleluja. — Che mai da me; cioè Dante, non si parte ’l diletto; cioè 1 lo diletto, lo quale io ebbi pensando e fingendo che tale canto facessono 2 li beati: secondo le sante meditazioni, che l’uomo fa, l’anima sente la dolcezza. O quanto è l’ubertà; cioè o quanta è l’abbondanzia della beatitudine e della gloria; e questo O è interiezione, che significa meraviglia, che si sofolce; cioè che si ripone, In quelle arche ricchissime; cioè in quelli beati spiriti capaci d’essa più arca grandissima, che fuoro; cioè le quali furno, A seminar quaggiù; cioè nel mondo loro virtuose operazioni, de le quali, siccome di seme, ora ricoglieno lo frutto, cioè la beatitudine e la gloria, buone bubolce; cioè buone lavoratrice: lo buono bifolco semina assai e ricoglie assai, e lo tristo semina poco e ricoglie poco; e però dice l’Apostolo 3: Qui parce seminat, parce et metet; et qui seminat in benedictionibus, de 4 benedictionibus et metet. — Quivi; cioè in cielo, si vive e gode del tesoro; cioè in vita eterna si vive dai beati della visione beatifica di Cristo, e di quello godeno li beati, Che s’acquistò; cioè 5 lo quale tesoro s’acquistò, piangendo ne l’esilio Di Babilon; cioè quando lo populo iudaico fu preso da Nabuccodonosor re di Babillonia, e fu menato la e tenuto in servitù; unde lasciorno li canti, li organi e stetteno in lacrime et in pianti, unde mosseno la misericordia d’Iddio a mandare lo suo Figliuolo a prendere carne umana, quando fu tempo, per liberare lo suo popolo da la libertà 6 del dimonio, benchè innanti lo liberasse da la servitù di Babillonia; ma l’autore intese de la prima liberazione e non della seconda, ove si lasciò l’oro; cioè
- ↑ C. M. cioè che mai da me Dante si partirà lo diletto
- ↑ C. M. facessono le anime secondo
- ↑ Nel Codice nostro stava — dice lo Salmista — , che noi abbiamo cambiato in Apostolo: perocchè è san Paolo, che parla così nella Epistola II ai Corinti c. ix v. 6. E.
- ↑ benedictionibus metet
- ↑ C. M. cioè di quello tesoro godeno l’anime beate, lo quale s’acquistò, quando
- ↑ C. M. lo suo popolo dalla servitù del