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tono; e così finge l’autore di sè. Io; cioè Dante, era come quei; cioè come colui, che si risente; cioè che ritorna in sè, Di vision oblita; cioè dimenticata, e che; cioè e la qual vision, s’ingegna Indarno; cioè invano, perchè non può, di ridurlasi a la mente; cioè di ricordarsene, Quand’io; cioè Dante, udi’ questa proferta; cioè quella, che si fece Beatrice, degna Di tanto grado; cioè degna di ricevere tanto e sì grande grado, o vero d’essere avuta sì a grado, che mai non si stingue; cioè non si spegna 1, Del libro che ’l preterito rassegna; cioè rappresenta lo passato, cioè della memoria mia, che come libro rappresenta lo passato.
C. XXIII — v. 55-69. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che tanto fu lieto e puro lo riso di Beatrice, che per nessuno modo lo potrebbe dire, eziandio aiutato da tutti li Poeti 2; e scusasi che li conviene passare questo punto, perchè avanza le forze sue, dicendo: Se mo; cioè avale; questo è vocabulo lombardo, sonasser tutte quelle lingue; cioè dei Poeti, Che; cioè le quali lingue, Polinnia; questa è una de le nove Muse, che s’interpreta Facente molta memoria— 3, co le suore; cioè coll’altre sue suore che sono otto Muse, de le quali è stato detto nella seconda cantica nel principio, fero; cioè feceno, Del latte lor dolcissimo; cioè de la dottrina loro, che è la poesi che è scienzia dolcissima, più pingue; cioè più grasse e più abbondanti, Per aiutarmi; cioè per aiutare me Dante, a dire lo santo riso quanto era lieto e puro, al millesmo; cioè a l’ultima parte del mille, del vero; cioè della verità di quello che era, Non si verrea; da loro e da me, cantando; cioè descrivendo: imperò che cantare si pone per descrivere appresso li Poeti, e rendesi questo gerundio cantando al verbo sonasser— , il santo riso; cioè quanto era lieto il santo riso di Beatrice, che significa qui la beatitudine dei beati di vita eterna, che l’autore àe figurato esser rappresentati nell’ottava spera. E quanto il santo aspetto; cioè lo santo ragguardamento di Cristo, lo quale infundea la sua luce in tutti, il facea mero; cioè puro quello riso, cioè quella beatitudine che quivi viddi. E così, figurando ’l Paradiso; cioè sotto figura dimostrando la beatitudine dei santi, che non è altro che paradiso, lo quale l’autore àe dimostrato infine a qui sotto varie figurazioni verisimili, intendendo sempre quello che si tiene per la santa Chiesa, Convien saltare; cioè passare, senza toccare e dire, il sacrato poema; cioè lo poema dell’autore, cioè la sua fizione poetica, che è sacrata, in quanto tratta
- ↑ Spegna, da spegnare modellato sui verbi della prima coniugazione. E.
- ↑ C. M. Poeti e delli autori; e scusasi
- ↑ Polinnia, secondo alcuni vale molto inneggiante, e giusta altri facente molta memoria. La duplice derivazione sarebbe da πολυς molto ed ὕμνεω, inneggiare o cantare inni, o μναω, rammentare, ricordare. E.