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c a n t o   xxiii. 625   

22Pareami che ’l suo viso ardesse tutto;
     E li occhi avea di letizia sì pieni,
     Che passar mi convien senza costrutto.
25Quale nei pleniluni e ne’ sereni1
     Trivia ride tra le ninfe eterne,
     Che dipingon lo Ciel per tutti i seni,2
28Vidd’io sopra milliaia di lucerne3
     Un Sol, che tutte quante l’accendea,
     Come fa ’l nostro le viste superne.
31E per la viva luce trasparea
     La lucente sustanzia tanto chiara,
     Che ’l viso mio nolla sostenea.4
34O Beatrice, dolce guida e cara!5 6
     Ella mi disse: Quel, che ti sovranza,
     È virtù da cui nulla si ripara.
37Quivi è la sapienzia e la possanza,
     Ch’ aprì le strade dal Cielo a la Terra,7
     Onde fu già sì lunga disianza.
40Come foco di nube si disserra
     Per dilatarsi, sì che non vi cape,
     E fuor di sua natura in giù s’ atterra;
43La mente mia così, tra quelle dape
     Fatta più grande, di sè stessa uscio,
     E che si fece rimembrar non sape.8 9
46Apri li occhi, e riguarda qual son io:
     Tu ài vedute cose, che possente
     Se’ fatto a sostener lo riso mio.

  1. v. 25. C. A. ne’ pieni numini sereni
  2. v. 27. C. A. i Ciel
  3. v. 28. C. A. Vidi di sopra
  4. v. 33. C. A. Nel viso mio, che non la
  5. v. 34. C. A. E Beatrice
  6. v. 34. C. M. guida e chiara !
  7. v. 38. C. A. la strada tra il Cielo e la
  8. v. 45. C. A. E che si fesse
  9. v. 45. Sape, terminazione naturale dall’infinito sapere. E.