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C A N T O     XXIII.





1Come l’augello, infra l’ amate fronde
     Posato al nido dei suoi dolci nati
     La notte che le cose ci nasconde,
4Che, per veder li aspetti disiati,
     E per trovar lo cibo unde li pasca,
     In che i gravi labor li sono agiati,1
7Previene il tempo in su l’ aperta frasca,
     E con ardente affetto il Sole aspetta,
     Fiso guardando pur che l’alba nasca;
10Così la donna mia si stava eretta2
     Et attenta, rivolta inver la plaga,
     Sotto la qual il Sol mostra men fretta;
13Sicchè, veggendola io sospesa e vaga,
     Fecimi quale è quei, che disiando
     Altro vorrea, e sperando s’appaga.
16Ma poco fu tra uno et altro quando;
     Del mio attender, dico, e del vedere
     Lo Ciel venir più e più rischiarando.
19E Beatrice disse: Ecco le schiere
     Del triunfo di Cristo, e tutto ’l frutto
     Ricolto del girar di queste spere.

  1. v. 6. C. A. In che gravi labor gli sono aggrati,
  2. v. 10. C. A. mia stava