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[v. 112-123] | c o m m e n t o | 619 |
tuna volta quanto la Terra; lo corpo di Iove novantacinque volte quanto la Terra; lo corpo di Marte ene una volta e mezzo e la metà d’una ottava volta quanto la Terra; lo corpo del Sole è cento sessanta sei, e quarta et ottava d’un’altra volta quanto la Terra; lo corpo di Venere è la trigesima nona parte de la Terra; il corpo di Mercurio è una parte di ventidue migliaia di parti del corpo della Terra; e lo corpo della Luna è la trigesima nona parte del corpo della Terra; e lo corpo della Terra è tutto quanto a la superficie sua cento trenta due volte mille miglia. Adunqua lo maggiore corpo delle spere è l’ottava spera, è bene maggiore ancora la nona; ma qui s’intende delle spere visibili. E dei corpi lo maggiore è lo Sole 2.°, e poi le 15 stelle fisse maggiori 20, e poi Iove 30, e poi Saturno 40, e poi tutte l’altre stelle 50 secondo l’ordine loro, e poi Marte 6, e poi la Terra 7, e poi Venus 8, e poi la Luna 9, e poi Mercurio 10, e così digradano l’uno minore che l’altro. E, detto de la distanzia e del sito di Gemini e degli altri cieli e pianeti, ora è da dire delle sue significazioni, secondo che pone Albumasar nel suo Introduttorio, tractatu vi. E prima debbiamo sapere che Gemini àe significazione di forte voto e d’ingegno, come si convenia a l’autore parlando di sì alta materia: àe ancora significazione di sterilità, e temperamento nell’onestà e nella religione, e bellezza et onestà e mondezza quando lo detto segno è ascendente, o che vi sia lo signore de la descendente 1 o la Luna; e larghezza d’animo e bontà e latitudine di spese. Et àne nel corpo umano le spalle, le braccia e le mani, et àe a significare spezie d’uomini grandi, in istato e nobili, et altre cose che, perchè non fanno alla materia, lasciato òne per brevità. E però finge che facesse l’autore la detta deprecazione a’ Gemini, intendendo di farla principalmente a Dio. siccome a prima cagione, sapendo che le seconde cagioni non operano, se non sono mosse da la prima cagione, che è Iddio. Seguita.
C. XXII — v. 124-138. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come, ammonito da Beatrice, ragguardò lo mondo che aveva lasciato di sotto da sè, poi che fu montato in Gemini; e viddelo vile cosa et approva chi lo sa dispregiare, e però dice: Tu se’ sì presso; cioè tu, Dante, all’ultima salute; cioè a Dio, che è l’ultima nostra salute, Cominciò Beatrice; a dire, s’intende; e questo finge che dica Beatrice: imperò che la santa Scrittura sempre ci ammonisce d’amare lo cielo e dispregiare lo mondo, che tu; cioè Dante, dei Aver le luci tuoe; cioè delli occhi corporali, secondo la lettera; ma, secondo l’allegoria, le luci mentali, cioè la ragione e lo intelletto, chiare; cioè non turbate da passione, et acute; cioè sottili
- ↑ C. M. lo signore dell’ascendente o la