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112O gloriose stelle, o lume pregno
     Di gran virtù, dal quale io ricognosco
     Tutto, qual che si sia, il mio ingegno;
115Con voi nasceva, e s’ascondeva vosco
     Colui, che è padre d’ogni mortal vita,
     Quand’io senti’ da prima l’aire tosco.
118E poi, quando mi fu grazia largita
     D’entrar nell’alta rota che vi gira,
     La vostra region mi fu sortita.
121A voi devotamente ora sospira
     L’anima mia, per acquistar virtute
     Al passo forte che a sè la tira.
124Tu se’ sì presso all’ultima salute,
     Cominciò Beatrice, che tu dei
     Aver le luci tuoe chiare et acute;
127E però, prima che tu più t’illei,1
     Rimira in giù, e vedi quanto mondo
     Sotto li piedi già esser ti fei;
130Sicchè ’l tuo cuore, quantunche giocondo,
     S’appresenti a la turba triunfante,
     Che lieta vien per questo etere tondo.
133Col viso ritornai per tutte quante
     Le sette spere, e viddi questo globo
     Tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante.
136E quel consillio per miglior approbo2
     Che l’ à per meno; e chi ad altro pensa
     Chiamar si puote veramente probo.

  1. v. 127. C. A. t’indei,
  2. v. 136. Approbo; approvo, alla maniera latina come venne pure adoperato da Fazio degli liberti, lib. ii, cap. x, «Costui per pro e per securo approbo».